mercoledì, ottobre 22, 2008

Nessun problema di risorse per la sicurezza in Calabria....

"(ASCA) - Catanzaro, 20 ott - ''Per la sicurezza in Calabria il problema non e' quello delle risorse finanziarie, visto che nel Pon sicurezza ci sono un miliardo e 200 milioni di euro, ai quali si aggiungono altri cento milioni previsti in finanziaria''. E' quanto ha tenuto a precisare il Ministro dell'Interno, Roberto Maroni in Calabria per un convegno promosso dalla Confindustria.''Il problema - ha rimarcato il ministro - e' che questi soldi non si riescono a spendere in maniera sistematica. Il Pon sicurezza e' la sfida vera che dobbiamo vincere''.Per quanto riguarda, invece, il Porto di Gioia Tauro, il ministro Maroni ha evidenziato che ''deve essere messo in sicurezza'', ricordando i traffici illeciti, soprattutto di sostanze stupefacenti, tra la Calabria e le diverse parti del mondo."

Il miliardo e duecento milioni a cui allude il Ministro Maroni rappresenta il "portafoglio" del Pon Sicurezza 2007-2013, destinato alle quattro regioni "obiettivo convergenza" e cioè a Sicilia, Puglia, Campania e Calabria. Sono una parte di quel finanziamento, peraltro spalmabile in sei anni, può pertanto essere utilizzato per la regione calabrese. Ma come gli otto lettori di questo blog ormai sanno bene, questo non è il problema principale. Tutti sembrano dimenticare, infatti, che la destinazione di quelle risorse non è libera e discrezionale bensì saldamente vincolata a taluni obiettivi, in parte di sicurezza in senso stretto, più spesso di diffusione della legalità. La stessa tipologia delle possibili realizzazioni deve assolutamente permanere entro uno stretto ventaglio di ipotesi e non può certamente inseguire le numerose emergenze dettate dal difetto di sicurezza sul territorio. Pon Sicurezza e emergeza sono due termini assolutamente antitetici. Si tratta, infatti, di un finanziamento addizionale finalizzato a pianificare un piano armonico e razionale di intervento strutturale. Concetto questo che sfortunatamente sembra non appartenere al nostro patrimonio genetico.

martedì, ottobre 21, 2008

Il Col. Carpenteri comandante a Grosseto



Il Colonnello Rocco Carpenteri, ufficiale dei carabinieri di grande esperienza e capacità che per anni si è occupato per il Comando Generale di fondi strutturali europei, è stato nominato nuovo comandante provinciale a Grosseto. Si tratta di un amico che va ad occuparsi di materia piuttosto diversa da quella che amiamo, anche se ovviamente molto più "professionale", ma siamo sicuri che l'esperienza nel nostro mondo - che tanto è in grado di insegnartinel settore della pianificazione e delle programmazione - gli sarà utilissima anche nella città toscana, dove, a leggere gli articoli di stampa, hanno già imparato a conoscerlo ed apprezzarlo.

venerdì, ottobre 17, 2008

Il ruolo della vigilanza privata e l'utilizzo delle risorse addizionali.

"Le aziende che si occupano di vigilanza privata devono diventare protagoniste del progetto di sicurezza integrale voluto dal governo di centro-destra. Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni IL 9 ottobre all'assemblea annuale dell'Associazione italiana vigilanza (Assiv), associazione di categoria della vigilanza privata aderente a Confindustria. Maroni ha spiegato che nel sistema di sicurezza integrale ciascuno ha il proprio ruolo ma è prevista "una più diretta, importante partecipazione del settore privato". "L'attenzione del ministro al vostro settore c'è, perché penso che in questo progetto di sicurezza integrale anche il mondo della vigilanza privata debba avere un ruolo di maggiore protagonismo", ha aggiunto Maroni. In questa fase di transizione in cui gli istituti di vigilanza si fanno imprese di sicurezza, il titolare del Viminale ha invitato chi opera nella vigilanza privata ad avanzare proposte per migliorare la sicurezza del Paese nell'ambito di due progetti: il Pon, con fondi europei per 1,25 miliardi di euro per Sicilia, Calabria, Puglia e Campania nei prossimi cinque anni, e il progetto per la sicurezza urbana - "da riempire di contenuti per tutte le città italiane", ha sottolineato Maroni - per cui sono a disposizione almeno 100 milioni di euro dal 2009." Questi due temi ... penso che debbano vedervi protagonisti". Il ministro ha poi ribadito che il governo non mira a una militarizzazione del paese: "Non voglio militarizzare il territorio, mettere un poliziotto accanto a ogni cittadino". "I cittadini sono contenti nel vedere i militari (nelle strade) non perché sono diventati tutti guerrafondai ma perché vedere una divisa .. dimostra che c'è qualcuno che si preoccupa - lo Stato, il governo - che presidia il territorio ... Questa è la strada che seguiremo (senza) militarizzare il territorio". Secondo il Siulp, il primo sindacato delle forze di polizia, "non serve scendere sul terreno della polizia creativa". "Vogliamo il ripristino degli organici, e che si faccia un riordino delle carriere in polizia per rendere più moderno ed efficiente il servizio: oggi abbiamo 32 qualifiche, col risultato che non si sa chi deve fare cosa. Senza queste due cose, tutto il resto è improduttivo", dice Giuseppe De Matteis, segretario nazionale del Siulp. Riguardo poi ai fondi europei, De Matteis sottolinea che la possibilità di impiegarli è legata all'"adeguamento dei livelli standard di sicurezza", quindi possono essere usati per le stesse forze di polizia. Ma bisogna stabilire quali sono le priorità: "Per tappare le falle e fare da deterrente contro il rapinatore, così come va bene mettere un militare sulla strada va bene anche una guardia giurata. Ma se parliamo dell'aspetto strutturale della sicurezza, allora il discorso è diverso", spiega De Matteis. Per Claudio Giardullo del Silp il problema non è tanto che ci siano fondi anche per la vigilanza privata. "Ciò che dispiace è che contemporaneamente ci sia un taglio di un miliardo di euro per le forze di polizia, con un taglio rilevantissimo del personale". "E' inaccettabile che non si pensi di mettere risorse ordinarie e si pensi di supplire con risorse europee a carattere straordinario", mentre servono personale, auto, benzina, formazione, innovazione tecnologica, dice Giardullo.Per il Sap, invece, ben venga "un ausilio delle guardie private purché con specifiche competenze". Del resto, precisa il portavoce Massimo Montebove, i fondi europei non sarebbero applicabili in senso stretto alle forze dell'ordine. "Quello che rivendichiamo sono maggiori risorse", dice però Montebove. ( fonte http://www.grnet.it/)

Mi permetto di fare un pochino d'ordine in una polemica che mi sembra confusa.
1. Il ruolo della vigilanza privata nel quadro di un controllo del territorio integrato mi pare pacifico. Esso, in qualche misura, esiste già oggi ma molto di più si potrebbe fare se si trovassero specifiche forme di raccordo operativo.
2. Le risorse addizionali del Pon non possono essere attribuite direttamente alla vigilanza privata perchè essa non è contemplata nel novero dei possibili beneficiari finali; tuttavia, come mi sembra abbia detto il Ministro, possono essere presentati progetti che vedano quali destinatari anche gli operatori di questa categoria.
3. Non esiste nessuna logica contrapposizione, di carattere finanziario, con le forze di polizia. Queste hanno bisogno prevalentemente di una implementazione delle risorse ordinarie poichè le loro principali esigenze (personale, lavoro straordinario, autovetture, benzina, ecc.) non possono essere soddisfatte dalle risorse addizionali.

martedì, agosto 26, 2008

Finalmente la definizione ufficiale di "sicurezza urbana"


Dopo anni di convegni, incontri, libri ed articoli sul tema, finalmente qualcuno ha giuridicamente definito il concetto di “sicurezza urbana” , concetto che aveva dato persino luogo all’istituzione di assessorati e commissioni varie. Si tratta del Decreto del Ministro dell’Interno. Datato 5 agosto 2008, che, in attuazione dell’art.54, comma 4bis del decreto legge 23 maggio 2008 n. 92 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” ha “disciplinato l’ambito di applicazione” della norma “anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana”.
A onor del vero, “definito” è forse un termine un po’ eccessivo. Sicurezza Urbana sarebbe, infatti “ un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
Devo dire – ma la colpa è solo mia – che questa definizione non riesce a soddisfarmi. Ne deduco che NON fanno parte della sicurezza urbana le norme che non regolano la vita civile e che non migliorano la convivenza civile e la coesione sociale. Ma quali saranno mai queste norme che non determinano effetti in principi così importanti della nostra società? Mi viene un po’ in soccorso l’inciso “all’interno delle comunità locali” che mi impone di pensare che, nel nostro Paese, coabitino una comunità nazionale ed una locale, ognuna con norme proprie in materia di civile convivenza e di coesione sociale, ma devo dire che sinora non me ne ero proprio accorto.
Devo tuttavia ammettere (anche per diminuire il mio innato spirito polemico) che, elencando le competenze dei sindaci, la norma poi chiarisce (quasi del tutto) la portata dell’ambito di applicazione della norma. Ma “definire” è certamente difficile. Molto difficile.

giovedì, agosto 21, 2008

Roberto Sgalla lascia la comunicazione del Pon Sicurezza


Roberto Sgalla (nella foto) lascia l’Ufficio Relazioni Esterne e Cerimoniale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza per assumere l’incarico di Direttore del Servizio Polizia Stradale. Sembrerebbe una notizia come molte altre. Ma che il Signore della Comunicazione sia destinato a fare qualcosa di diverso dalla comunicazione è novità che può smarrire più di un addetto ai lavori. Roberto inoltre, tra le molteplici competenze, ha svolto anche quella di Responsabile del piano di comunicazione del Pon Sicurezza e, in tale veste, ha dovuto relazionare pubblicamente ai rappresentanti della Commissione Europea e al Comitato di Sorveglianza i risultati conseguiti, facendo sempre un’eccellente figura. Ha saputo tirare “fuori dal cilindro” idee nuove, avvicinare al tema della “sicurezza” intellettuali, imprenditori, uomini di spettacolo e sportivi, trovando sempre il modo migliore di presentare il Programma e le nostre attività. Sento di dovergli almeno un grazie e un augurio di buon lavoro nel suo nuovo incarico.

mercoledì, agosto 20, 2008

Non ho letto il Rapporto Svimez ma lo critico lo stesso.


La dottoressa Agnese Claroni non si dimentica mai di invitarmi alla annuale presentazione del Rapporto Svimez ma se non fosse per il mio amico Elio Montanari, che ne prende una copia anche per me, non ne avrei mai neppure una. Il mese di luglio (quest'anno è stata scelta la data del 18) è per me infatti un periodo nel quale mi è difficile partecipare a convegni e incontri vari e devo affidarmi al buon cuore degli amici. Ma Montanari, studioso e ricercatore di ottimo livello certamente impegnato in cose più serie, quest'anno non è ancora passato a consegnare il volume a me destinato e, pertanto, mi devo accontentare delle sintesi apparse sulla stampa e su internet.

La loro lettura, devo ammetterlo sinceramente, non mi ha particolarmente soddisfatto e spero vivamente che il testo integrale del Rapporto sconfessi la prima impressione ricevuta. La parte pertinente alla sicurezza (capito 13 "Sicurezza e lotta alla criminalità nel Mezzogiorno") mi è sembrata redatta in modo stanco e convenzionale e con minori riferimenti del necessario al nesso esistente tra presenza della criminalità organizzata e difetto di competitività del Sud italiano. Al riguardo, si cita correttamente "il costo per lo sviluppo dei ritardi della giustizia civile" ma poco di analizza, ad esempio, il costo (ben più preoccupante perchè di origine criminale) dell'inquinamento mafioso nelle procedure di appalto. Non si comprende ancora come sia possibile non fare alcun accenno alla criminalità nell'analizzare le cause degli scarsi investimenti diretti esteri che, nel Mezzogiorno, sono stati appena lo 0,66 contro il 99,43 del centronord. La sensazione generale è quella di una minore importanmza attribuita nel suo complesso al "fattore sicurezza", come se ci si trovasse di fronte ad una assuefazione alla tematica. Il fatto (se confermato dalla lettura del testo integrale) sorprende molto, perchè il Rapporto 2007 era stato molto attento al profilo in argomento e, pur senza risparmiare critiche al Pon Sicurezza (non tutte meritate), aveva sottolineato il rapporto tra legalità e sviluppo e svolto non poche riflessioni sul ruolo dei fondi strutturali nel settore specifico. Speriamo meglio nel prossimo.

lunedì, agosto 18, 2008

Il Prefetto Giuseppe Amoroso nuovo Capo Dipartimento


Il Prefetto Giuseppe Amoroso (nella foto) è stato nominato Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, succedendo così al suo amico e collega Giuseppe Procaccini, da non molto incaricato Capo di Gabinetto del Ministro.
Si tratta di un ennesimo successo colto da persona che ha svolto un ruolo importante nell'ambito dei fondi strutturali europei ( il Prefetto Amoroso è stato appasionata Autorità di Gestione del Pon Sicurezza) e sono certo che quell'esperienza non solo sarà sempre ricordata con piacere ma probabilmente gli fornirà anche qualche utile spinto di riflessione per svolgere al meglio il suo importante attuale incarico.

Riflessione personale. La conclusione della programmazione 2000-2006


A dicembre avrà luogo il prossimo e ultimo Comitato di Sorveglianza del Pon Sicurezza 2000-2006 e si concluderà così una lunga avventura nata nel 1999 e ancor prima, a Catania, col convegno “100 idee per lo sviluppo”, voluto e promosso dal vulcanico Fabrizio Barca,
Il Programma, così come ama ripetere il Prefetto De Sena, “fu scritto in soli otto giorni”. Si tratta, a ben vedere, di una vezzosa bugia. In realtà, ci vollero infatti molte settimane di incontri, intensi e serrati, per pervenire ad una strategia coerente ed efficace. Furono sentite decine e decine di amministrazioni pubbliche, fu convocato il meglio della dirigenza del ministero dell’Interno e delle forze di polizia, furono contattati ambienti sociali, economici, politici, a livello nazionale e locale. E’ stata una bella avventura che fu affrontata con entusiasmo e senza fatica grazie al diffuso convincimento che si stesse creando qualcosa di veramente innovativo, che fossimo di fronte ad un momento di svolta, ad “una rivoluzione copernicana nella cultura della nostra amministrazione” come diceva De Sena.
Non sono sicuro che tutti gli obiettivi siano stati raggiunti (francamente non credo) e non sono disposto a giurare che, nel passare degli anni, la filosofia di fondo del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia” non si sia dovuta modificare, piegandosi ad emergenze o a motivazioni contingenti. Ritengo tuttavia, in questa mia “riflessione personale” ribadire che è stata un’esperienza magnifica, di cui l’Amministrazione dell’Interno, e tutti coloro che hanno collaborato con essa, può andare fiera. Adesso che tale esperienza di conclude, e io non faccio più parte (a buon ragione!) dell’equipaggio, la fine di quell’avventura mi induce a malinconia e a domandarmi se mai qualcuno si sia reso conto di quanta parte abbia avuto il nostro Programma nell’evoluzione delle politiche di sicurezza del Paese, a cominciare dal nuovo ruolo dei sindaci messo in rilievo nel recente “pacchetto sicurezza”. Pochi temo. Eppure sono certo che un giorno, quando si scriverà la storia nel nostro Paese anche da questo punto di vista, si scoprirà che, se non tutto, molto è partito dal Pon Sicurezza.

giovedì, luglio 10, 2008

Oggi la presentazione a Palermo alla presenza del Ministro Maroni.


Roma, 9 lug. (Apcom) - Sarà presentato domani a Palermo, alla stampa italiana e internazionale il Pon "Sicurezza per lo Sviluppo - Obiettivo Convergenza" 2007-2013, il Programma interforze attraverso il quale l'Unione Europea e il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno stanziano 1 miliardo e 200 milioni di euro per la sicurezza nel Mezzogiorno.
All'evento sarà presente il Capo della Polizia, Prefetto Antonio Manganelli, un rappresentante dell'Unione Europea e il Ministro dell'Interno, On. Roberto Maroni, che terrà una conferenza stampa per illustrare i risultati raggiunti in questi anni e presentare i progetti dedicati al prossimo quinquennio.
La conferenza, in programma domani alle 18 presso il Grand Hotel Villa Igiea a Palermo, seguirà la seduta plenaria del Comitato di Sorveglianza, l'organismo istituito con decreto del Ministero dell'Interno che assicura l'efficienza e la qualità dell'esecuzione del Programma, occasione in cui sarà stilato un bilancio degli interventi che, dal 2000 al 2006, hanno contribuito ad accrescere la sicurezza e lo sviluppo socio-economico e a rilanciare il ruolo delle Forze dell'Ordine nelle Regioni Obiettivo 1 del Sud Italia.
Tra gli interventi più rilevanti realizzati e in corso di realizzazione, l'istituzione di una rete in Ponte Radio e Fibra Ottica al servizio delle Forze di Polizia; l'informatizzazione delle banche dati e della trasmissione di notizie tra le varie Forze dell'Ordine (che ha ridotto del 92,5% il tempo medio di trasmissione delle informazioni); il potenziamento degli standard di sicurezza della rete ferroviaria del Mezzogiorno; l'incremento tecnologico per la protezione delle aree archeologiche, insieme a interventi di ordine sociale come la confisca e il recupero dei beni in possesso della criminalità organizzata, che tra il 2002 e il 2007 sono stati oltre 60, per un valore di 23 milioni di euro.
Sappiamo quanto sia difficile e faticoso organizzare un Comitato di Sorveglianza e stentiamo ad immaginare cosa significhi farlo alla presenza del Ministro. Inviamo pertanto alla Autorità di Gestione, agli amici della segreteria e all'assistenza tecnica di quel Programma un sentito e cordiale "in bocca al lupo". Sarà un successo.

martedì, luglio 08, 2008

SoS Impresa e l'associazionismo militante contro l'illegalità




Sos Impresa è un'associazione nata nel 1991 a Palermo su iniziativa di un gruppo di commercianti desiderosi di opporsi al racket e difendere la loro dignità dalla prepotenza della criminalità organizzata. Presieduta oggi da Lino Busà (nella foto in alto) coideatore con chi vi scrive e con Andrea Colucci di Confcommercio di talune iniziative di diffusione della legalità, finanziate dal Fondo Sociale Europeo nell'ambito del Pon Sicurezza, l'associazione promuove l'elaborazione di strategie di contrasto all'usura e al racket nonchè a tutte le forme di criminalità che ostacolano la libertà di impresa e, pertanto, la possibilità di sviluppo endogeno del territorio. Le inniziative realizzate nel corso degli anni sono state innumerevoli.

Ne parliamo in questa sede non certo per far pubblicità all'associazione dell'amico Busà; non ne ha infatti bisogno e non saranno i venticinque lettori di questo blog a modificare i suoi, già alti, livelli di prestigio tra gli addetti ai lavori, tenuto anche conto della forte veicolazione indotta da Confesercenti. Ci sembra, invece, importante farne cenno come esempio di possibile e valida integrazione tra l'associazionismo dei privati e la funzione pubblica esercitata dallo Stato in materia di sicurezza e legalità. Il cittadino, è noto, si sente troppo spesso soggetto passivo ed inerme nel conflitto tra illegalità e civile convivenza e mi pare una saggia politica quella di canalizzare questo sano desiderio di parteciopazione e di sostegno alle istituzioni verso forme strutturate di collaborazione. Sulle "ronde", ad esempio, si è detto e scritto molto ma anche coloro che le censuramo e ne auspicano la scomparsa percepiscono che dietro ad esse, spesso se non sempre, vi è il desiderio del cittadino "di fare qualcosa", di non limitarsi a delegare, ad assistere inerme.
Se manifestato nelle forme opportune, questo desiderio di partecipazione non solo è legittimo ma rappresenta una grande speranza di riscatto, sopratutto nelle aree meridionali, ove si è determinato prevalentemente su modalità di contrasto alle attività usuraie ed estorsive. La diffusione della cultura della legalità diviene pertanto qualcosa di ben diverso dallo stanco ripetersi di manifestazioni di mero civismo, spesso relegate nell'etereo ambito intellettuale, bensì si trasforma in attività consapevole e militante a fianco delle Prefetture e delle Forze dell'Ordine.

lunedì, luglio 07, 2008

Il futuro del Pon Sicurezza


Il Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno” 2007-13 che tra pochi giorni celebrerà il proprio Comitato di Sorveglianza a Palermo sarà l’ultimo strumento finanziario di questo tipo che il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale riserverà alle regioni del Mezzogiorno (più precisamente, alle quattro regioni in “obiettivo convergenza”). Non vi saranno probabilmente altre prove di appello: il miliardo e centosettasette milioni di Euro, tra finanziamento comunitario e quota nazionale, che, attraverso il Ministero dell’Interno Autorità di Gestione del Pon, si riverserà sulle Regioni più aggredite dalla criminalità organizzata per acquisire tecnologie innovative di prevenzione e contrasto e per diffondere la cultura del lavoro e della legalità, sarà presumibilmente l’ultimo.

Non disperdere questa possibilità appare pertanto assolutamente prioritario. Le “politiche regionali” in materia di sicurezza per lo sviluppo non sembrano tuttavia sufficientemente coordinate e, per lungo tempo, le amministrazioni regionali di Sicilia, Puglia, Calabria e Campania hanno persino posto in dubbio l’esigenza di un’ulteriore strumento addizionale per contrastare la criminalità presente sui loro territori. Rispetto al 1999/2000, periodo in cui si sviluppavano le strategie che avrebbero accompagnato il precedente Pon Sicurezza, il Programma appare meno capace di suscitare entusiasmi ed aspettative tra i cittadini e le aziende del nostro Mezzogiorno. Il ricorso copioso alla tecnologia e l’utilizzo mirato ed emblematico dei beni confiscati alla criminalità organizzata, seppur sempre molto utili, non sembrano più soluzioni decisive e la stessa tensione al contrasto al racket e all’usura sembra intiepidirsi.

Questo momento di difficoltà, secondo gli addetti ai lavori, non dovrebbe essere ricondotto solo a problematiche intrinseche di insufficienza progettuale oppure a malrisolte questioni di competenza tra istituzioni. Potrebbe risultare molto utile riscoprire le “ragioni comuni” che, a suo tempo, hanno dato vita ad un intervento pluridisciplinare e plurisoggettivo sul territorio, riflettere sui motivi per i quali non tutte le opportunità sono state colte, rivalutare la funzione determinante della concertazione attribuendo al partenariato un ruolo concreto, indicare soluzioni partecipative di tipo innovativo, quali ad esempio la valutazione d’impatto di sicurezza (VISL), che porrebbe la questione “legalità” al centro delle dinamiche di sviluppo del nostro Mezzogiorno.

Il concetto essenziale è quello di non ricondurre il Pon Sicurezza ad un mero contenitore finanziario. I risultati in termini di impegno e spesa sono importanti, ma molto meno di quanto non si finisca poi per credere. Ciò che sarebbe veramente gravido di conseguenze incalcolabili non sarebbe il perdere qualche milione di euro quanto invece il cessare di credere di essere in grado di contribuire a creare “condizioni di contesto” per uno sviluppo endogeno e sostenibile e a liberare il Mezzogiorno almeno dagli aspetti più gravi dello “zavorramento” operato dalla criminalità.

venerdì, luglio 04, 2008

Le affascinanti soluzioni ai tagli della Finanziaria


Le politiche di sicurezza per lo sviluppo non sono sovrapponibili a quelle, di carattere generale, che assicurano l’ordine e la sicurezza pubblica, di esclusiva competenza del Ministro dell’Interno. Sarebbe tuttavia ingenuo ritenere che ne possano prescindere e che una eventuale minaccia al livello di adeguatezza delle forze di polizia non determini effetti negativi consequenziali nella materia che più ci interessa. La premessa è necessaria poiché può sembrare che i “tagli alla finanziaria” siano argomento che non ci possa e non ci debba interessare, poiché le politiche di sviluppo sono finanziate da risorse aggiuntive che nulla hanno da condividere con quelle ordinarie di cui si è recentemente comunicata la necessaria riduzione. Le cose, tuttavia, sono meno semplici. Il Ministro Maroni ha comunicato una riorganizzazione dei presidi di polizia per ovviare al taglio di circa 480 milioni previsto per il suo ministero. Nei prossimi giorni sarà costituita una commissione straordinaria, con rappresentanti anche esterni, per riorganizzare la struttura sul territorio e realizzare economie di scala che possano ovviare al taglio sofferto. La volontà dichiarata è quella di ovviare a duplicazioni e sovrapposizioni delle forze di polizia, creando un sistema di sicurezza pubblica più razionale ed efficiente. Gli intendimenti sono certamente buoni anche se non paiono aver convinto i sindacati di polizia che manifestano forti perplessità e preoccupazioni, dichiarando una perdita complessiva di circa 1600 agenti.
Andando oltre ogni possibile polemica, nel cui merito non abbiamo competenza per entrare, ci pare tuttavia opportuno affermare un principio (ovvio per gli addetti ai lavori) che non deve mai essere dimenticato: la carenza di politiche ordinarie vanifica ogni politica aggiuntiva. Termini come “coordinamento”, “integrazione” sinergie” “razionalizzazione” hanno un fascino perverso: esprimono infatti concetti condivisibili, anzi necessari, ma possono in qualche modo drogare l’esatta percezione delle forze poste in campo. La stessa sicurezza per lo sviluppo, finanziata dai fondi strutturali o comunque aggiuntivi, perderebbe ogni senso se non avesse il conforto di forze di polizia efficienti e ben organizzate sul territorio.
Tutti noi ci rendiamo conto delle difficoltà finanziarie in cui versa il Paese ma evitare di tagliare i finanziamenti al Ministero dell’Interno sarebbe decisione saggia.

martedì, luglio 01, 2008

Roberto Avena e la sicurezza per lo sviluppo del turismo.


L'arguto e battagliero Roberto Avena, esperto per le politiche di sicurezza della UGL, ha preannumciato per il prossimo Comitato di Sorveglianza del Pon Sicurezza che avrà luogo a Palermo, una relazione finalizzata a sollecitare maggiore attenzione per i "giacimenti culturali" esistenti nel nostro Mezzogiorno. Le politiche di sviluppo, secondo il nostro amico, dovrebbero tener in maggior conto il fatto che la principale "industria" del nostro Paese è da sempre il turismo e, senza di esso, la nostra esposizione verso l'estero sarebbe drammatica; nonostante ciò, il turismo viene considerato un fatto acquisito che non merita ulteriore cura ed interesse. Nella disattenzione generale, l'Italia scende pertanto inesorabilmente nella classifica dei paesi interessati dai maggiori flussi turistici e, cosa ancor più grave, le regioni meridionali intercettano solo una piccolissima parte di quei traffici. Perchè il turista europeo non viene in massa a passare le vacanze nel nostro Mezzogiorno? I motivi sono molti e diversificati ma si possono condensare nella frase "assenza di servizi". Nessuno creda che basti ancora un mare azzurro (quando ancora ci sia) e un panorama incontaminato (anch'esso sempre più raro) per contare sull'arrivo di ingenti risorse vacanziere; il turista vuole trovare sul luogo di villeggiatura una struttura in grado di supportarlo adeguatamente sia nel settore dei divertimenti sia in quello della propria tranquillità. Pochi sono ormai i turisti (in un continente che invecchia sempre più) disposti a recarsi in luoghi ove le strutture sanitarie siano inaffidabili oppure le condizioni di sicurezza precarie. Affermare, e dimostrare, che le nostre città sono divenute più sicure ed accoglienti è quindi un modo intelligente di effettuare promozione turistica e le politiche di sicurezza per lo sviluppo non possono pertanto non considerare primaria anche questa funzione. Questa è la richiesta che, per quanto abbiamo capito, Roberto Avena getterà sul tavolo di discussione. Aspettiamo con ansia la copia della sua relazione (che il sindacalista ci ha già promesso) per verificare se le nostre impressioni corrispondano a verità.

lunedì, giugno 23, 2008

Confindustria sulle politiche del Mezzogiorno


Nell'ultimo numero della newsletter che la brava Mara Gasbarrone ci invia periodicamente, si fornisce, tra l'altro, notizia della relazione illustrata il 22 maggio u.s. all'assemblea di Confindustria dalla presidente Emma Marcegaglia (nella foto) secondo cui "non può esservi ripresa durevole della crescita dell'Italia se non si rimette in moto il Mezzogiorno e la crisi del Mezzogiorno è civile e istituzionale, prima ancora che economica".

In particolare "un fiume di denaro proveniente dal resto del Paese e dall'europa è stato dissipato negli ultimi tre decenni, senza miglioramenti visibili dell'ambiente economico e del tessuto produttivo. La corruzione e le attività malavitose impediscono il lavoro delle imprese oneste." Secondo Marcegaglia, il Mezzogiorno ha in sè enormi potenzialità. Il PIL per abitante è al sud pari al 57% di quello del nord, portarlo allo stesso livello di quello delle regioni settentrionali nell'arco di quindici anni porterebbe ad una crescita annua del 6% per l'area e tre milioni di nuovi occupati. Il Mezzogiorno diventerebbe il volano di crescita dell'intero Paese.

Grazie anche al contributo dell'Unione Europea, tra il 2007 e il 2014 sono disponibili 100 miliardi di euro per investimenti nelle aree in ritardo di sviluppo nel nostro paese. Occorre evitare di disperderli in mille rivoli e verificare attivamente dove saranno destinati. Bisogna indirizzare l'intervento verso pochi e chiari obiettivi misurabili: innanzi tutto la sicurezza e poi un piano per le infrastrutture. Occorre inoltre investire in istruzione e innalzare la qualità delle pubbliche amministrazioni e delle aziende pubbliche, vero handicap del Mezzogiorno.

lunedì, giugno 16, 2008

Giuseppe Procaccini, nuovo Capo di Gabinetto


La nomina del Prefetto Giuseppe Procaccini a capo gabinetto del Ministro dell'Interno, decisa dall'ultimo Consiglio dei Ministri, è un'ottima notizia per le prospettive future delle politiche di sicurezza per lo sviluppo. Il nuovo capo di gabinetto, infatti, non solo è persona esperta del settore (è stato, tra l'altro vice capo della polizia) ma ha avuto un'importante esperienza come Autorità di Gestione del Programma Operativo Nazionale "Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno" di cui conosce tutti gli aspetti, anche più reconditi.

Il Pon che, per motivi non ascrivibili a responsabilità di nessuno, vive da qualche tempo un periodo di difficoltà, può certamente giovarsi del fatto di trovare ora un'importante e competente sponda a livello ministeriale. Molte delle attività del Programma - era stato osservato da tempo- sono tipiche delle competenze del gabinetto del ministro, anche se era stato l'espresso desiderio della Commissione Europea a dirottare l'attribuzione totale della titolarità del Pon al Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Sono certo che l'attuale Autorità di Gestione, persona esperta e di rara capacità, sarà certamente interessata all'idea di fare squadra al massimo livello ministeriale, sopratutto per la risoluzione delle non facili problematiche attinenti ai necessari rapporti con i Prefetti in sede, insostituibili "terminali" dell'azione di diffusione della legalità sul territorio.

mercoledì, giugno 11, 2008

A proposito di interventi contro la prostituzione..


Il Ministro Roberto Maroni, auspicando il ritiro dell’emendamento al pacchetto sicurezza relativo alla definizione di “soggetti pericolosi” per le prostitute, ha giustamente fatto notare che intende contrastare il fenomeno, assai grave per la vivibilità delle nostre strade, non solo con “provvedimenti repressivi”. Ci sembra un intendimento condivisibile, tenendo anche conto che non esiste affatto, come una certa pubblicistica intende affermare, una avversione generalizzata contro le prostitute, extracomunitarie nella maggior parte, a cui tutti riconoscono il ruolo di vittime innocenti dello sfruttamento di criminali senza scrupoli. Non si tratta, pertanto, di mettere in prigione le prostitute (che, anzi, vanno aiutate) ma solo quello di evitare che, loro malgrado, le strade dei nostri quartieri si trasformino in squallidi mercati del sesso, con gravissimo pregiudizio per i cittadini che, insieme ai loro figli, sono costretti ad abitarvi.
Un aiuto potrebbe arrivare in tal senso dal Pon Sicurezza 2007-13 che, per la prima volta, prevede quale proprio obiettivo operativo il contrasto alla devianza, con centinaia di milioni di euro che potrebbero essere destinati all’attuazione di politiche di sostegno (complementari a quelle più tipicamente di polizia) che potrebbero incentivare la “liberazione” da questa grave forma di moderna schiavitù e aiutare le forze di polizia a colpire i trafficanti di esseri umani. Le risorse in argomento potrebbero peraltro ben integrarsi con iniziative analoghe, a vari livelli di governo (regione, comune, ecc.), e persino con gli sforzi generosi profusi dal volontariato. Si potrebbe tentare un progetto esplorativo, magari in una provincia della regione Campania.

lunedì, giugno 09, 2008

Loy, Martinelli e il Difensore Civico


Inventato dagli svedesi, il difensore civico è entrato in Italia nel 1974, in Lazio, Liguria e Toscana. Oggi è presente in oltre 500 comuni, in quasi tutte le province e nella maggior parte delle Regioni, con l’esclusione della Sicilia, della Calabria e della Puglia, che pure lo hanno previsto nel loro statuto ma non l’hanno mai nominato. Sul fatto che essi siano utili, vi sono molte perplessità. Le loro competenze non sono infatti ancora codificate e la loro funzione, al momento, appare al massimo quella di stimolo per le pubbliche amministrazioni: possono chiedere informazioni a tutti gli uffici (che sono tenuti a rispondere entro 30 giorni) e possono richiamare formalmente i funzionari che hanno sbagliato. Con i pochi mezzi legislativi e finanziari in loro possesso, i difensori civici rimarranno sempre figure residuali, marginali, quasi simboliche.
Furono due esponenti della UIL, Guglielmo Loy ( nella foto) e Adriana Martinelli, nel corso di una conversazione informale svoltasi in passato, a pormi il problema. Potrebbero i fondi strutturali, soprattutto quelli rivolti alle Regioni “Obiettivo Convergenza” così restii ad attivarli, fare qualcosa per rivitalizzare questa figura dal significato così emblematico? Io ritengo di si. Potrebbero persino – per la loro carattere di divulgatori di legittimità e correttezza amministrativa che tanto richiama nel nostro Mezzogiorno il concetto di legalità – essere inseriti in alcune progettualità integrate che coinvolgano anche il Pon Sicurezza. I sindacati (ovviamente non solo la UIL) potrebbero svolgere un ruolo importante in questa azione di sostegno, formazione ed informazione a beneficio dei difensori civici. Ma, ovviamente, la mia è solo l’opinione di un incompetente. Chissà che qualcuno che conosce la materia meglio di me, leggendo queste righe, non ritenga opportuno rispolverare la questione.

giovedì, giugno 05, 2008

Le polemiche di Anna Italia


Simpatico “botta e risposta” tra chi vi annoia da questo blog e la brava Anna Italia, responsabile del settore sicurezza e cittadinanza del Censis, nel forum a latere del convegno” I protagonisti e le priorità della sicurezza urbana: Stato ed enti locali a confronto “ svoltosi al Forumpa il 14 maggio u.s. Cogliendo infatti un eccessivo accento alla tematica dell’integrazione quasi contrapposta alle metodiche tradizionali di sicurezza pubblica, scrivevo che
Potrebbe essere un errore gravido di incalcolabili conseguenze il ritenere che una politica orientata verso l'integrazione delle molteplici e complesse attività di contrasto all'illegalità, unitamente a quelle (altrettanto meritorie) di sostegno al disagio sociale e di prevenzione alla devianza, sia in contraddizione col necessario potenziamento tecnologico e umano delle attuali forze di polizia presenti sul territorio.In verità è solo potenziando ogni singolo elemento di ciò che si intende coordinare ed integrare che si migliora il complesso dell'azione coordinata ed integrata. Un intervento s sostegno delle forze di polizia, anche locali, non è pertanto inutile (o ovviabile mediante indeterminate razionalizzazioni) bensì assolutamente necessario e, temo, urgentissimo.”
Anna mi rispondeva poco dopo.”Sono convinta che le forze dell'ordine siano e debbano rimanere il perno attorno a cui far ruotare qualsiasi intervento per innalzare i livelli di sicurezza. In un momento come questo, in cui sono carenti le risorse economiche dello Stato centrale, credo che gli sforzi si debbano indirizzare soprattutto verso la razionalizzazione delle risorse umane esistenti, evitando sovrapposizioni e duplicazioni. Per quanto riguarda le nuove tecnologie, esse sono senza dubbio un supporto indispensabile alle attività investigative; attenzione però a pensare che possano essere il rimedio al problema della sicurezza e della vivibilità dei territori”
Fine di una polemica mai iniziata (con Anna Italia, che stimo e a cui voglio bene, peraltro mi sarebbe impossibile litigare). Come spesso capita, tuttavia, il disaccordo nasce dal dire la stessa cosa in modo diverso. Nessuno nega che tra le forze di polizia vi siano sovente duplicazioni e sovrapposizioni (anche se meno che in altri settori pubblici) e che la materia meriti di essere razionalizzata. Bisogna pur dire che, se non si fanno concorsi da oltre dieci anni, alla fine vi è poco da razionalizzare e persino le tecnologie (contrariamente a quanto io stesso pensavo sino a pochi anni fa) non possono fare miracoli. Come miracoli, sfortunatamente, non possono farne neppure le “politiche integrate”.

mercoledì, giugno 04, 2008

Saggio a cinque mani su sicurezza e polizia locale.

Edito da Franco Angeli, per la sua collana di criminologia, è fresco di stampa il volume “Sicurezza e qualità della vota. Il contributo della Polizia locale” con prefazione del sindaco di Firenze e presidente dell’ Anci, Leonardo Domenici. Tra gli autori, numerosi studiosi ben conosciuti in questo blog: Francersco Carter, criminologo, esperto del Consiglio d’Europa e consulente del Censis, Fabrizio Cristalli, direttore generale vicario, dirigente dell’unità organizzativa polizia locale e sicurezza urbana della Regione Lombardia, Giancarlo Dionisi, vice prefetto, già membro dello staff del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, Marco Andrea Seniga, già comandante della polizia municipale di Firenze e dirigente del settore politiche per la sicurezza urbana e polizia locale presso la presidenza della Regione Toscana, Giorgio Vigo, psicologo, dirigente del servizio sicurezza e polizia locale della Regione Veneto
Dovendo riportare un cenno sulle conclusioni a cui si è pervenuti, ci piace trascrivere un brano tratto dall’articolo di Fabrizio “…in una architettura di contrasto alla criminalità è indubbio l’apporto conoscitivo reso dalle realtà locali le quali permettono una coesione e una ricchezza di informazioni preziosa per orientare le macropolitiche del settore. Per produrre sicurezza il modello offerto dal patto locale di sicurezza urbana è basato sulla partnership che l’ente locale deve saper innescare coinvolgendo sia le organizzazioni che le altre organizzazioni pubbliche o private operanti sul territorio di riferimento: Coinvolgere nella progettazione ed attuazione dei patti le comunità e le organizzazioni informali ovvero chi esprime e vive quotidianamente i sentimenti di insicurezza è al contempo una sfida e una risorsa importante per realizzare quella sicurezza partecipata da più parti auspicata.”

Riflessione personale. Il Senatore Luigi De Sena


Reputo il prefetto Luigi De Sena uno dei miei maestri. Eppure non ho avuto la forza di telefonargli per congratularmi con lui quando, poche settimane fa, è stato eletto Senatore della Repubblica per le liste del Partito Democratico. Esistono uomini che sono onorati dall’incarico ricoperto e altri che invece lo onorano con la loro persona. De Sena appartiene a quest’ultima categoria e deve dire con tutta sincerità che è un vero peccato per il Paese che abbia voluto diventare senatore. Sarebbe stata cosa saggia impedirglielo.
De Sena è l’inventore e lo stratega del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno” che ha creato, avvalendosi dell’apporto di un volenteroso funzionario, nel 1997, approfittando dell’illuminato e coraggioso sostegno dell’allora vice capo della polizia, Gianni De Gennaro nonché dell’esigenza nazionale di spendere in tempi brevi le ingenti risorse residuali del periodo 1994- 99 dei fondi strutturali europei. Si trattò, per quei tempi, di una vera sfida: bisognava dimostrare la capacità dell’amministrazione della pubblica sicurezza di saper programmare nel lungo periodo, stimolare una progettualità autonoma e tesa al futuro, coinvolgere realtà spesso lontanissime e talvolta avvezze alla concorrenzialità, diffondere un metodo ed una cultura ancora ignote in taluni ambiti dipartimentali, confidare sulla promozione umana e sul desiderio di riscatto delle popolazioni soggette alla criminalità organizzata ed angustiate da quella diffusa. Imprese titaniche.
Non tutte quella sfide sono state vinte. Ma non sarebbe così ampio il mio attuale interesse per le “politiche di sicurezza” se non avessi avuto la fortuna di partecipare a quella avventura e lavorare a fianco di colleghi di altissimo valore e capacità quali Giancarlo Dionisi ed Enrico Savio. Molte battaglie non state vinte ma è stato importante combatterle.
Oggi quella sfida è affidata a persone altrettanto capaci e preparate. Sono certo che faranno grandi cose. Faranno meglio di noi (ci illudiamo che ciò accadrà anche facendo tesoro della nostra esperienza) ma probabilmente farebbero ancora meglio se avessero ancora al loro fianco un tecnico delle capacità di Luigi De Sena. Ma il tecnico ha dovuto cedere il passo al “politico” ed io, non so perché, non ho la sensazione che ci abbiamo guadagnato.

martedì, giugno 03, 2008

Il Prefetto Manganelli ha cento volte ragione, tuttavia....



Una situazione di "indulto quotidiano", in cui "tutti parlano ma nessuno fa". Il capo della polizia, prefetto Antonio Manganelli, non usa mezzi termini per definire lo stato della certezza della pena in Italia. "Tutti conoscono questa situazione” dice alle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato. "La certezza della pena, che trova il consenso unanime della politica, della magistratura, dell'opinione pubblica - ha lamentato il prefetto - è quanto di più incerto esista: meglio una pena blanda oggi che non la promessa di un castigo futuro che non arriva mai". ” Non voglio entrare nelle prerogative del Parlamento - prosegue il Capo della Polizia – ma quella che abbiamo oggi è una situazione vergognosa". Una situazione che gli operatori delle forze dell'ordine vivono tutti i giorni, "quando arrestiamo qualcuno per uno dei reati di cosiddetta criminalità diffusa e scopriamo che quel qualcuno nell'ultimo semestre era stato già arrestato altre tre o quattro volte per lo stesso tipo di reato". (fonte: http://www.repubblica.it/ )
Il Capo della Polizia ha ragione: Cento volte ragione. Tuttavia vi è un problema di fondo su cui è necessario ragionare e che attiene ad uno degli insormontabili pregiudizi che condizionano il modo di pensare nel nostro Paese. Si ritiene che una sanzione sia “seria” solo se essa presenta carattere penale. Quando vogliamo far capire che lo Stato intende essere finalmente severo, diamo rilevanza penale al comportamento che si vuole osteggiare (chi non ricorda le “manette agli evasori”) e, se tale accorgimento non si rileva sufficiente, rendiamo sempre più pesante la pena edittale. La strada di affidare sempre ai tribunali le problematiche di devianza sociale non ci può tuttavia portare molto lontano. Più aumentano i procedimenti e più la giustizia diventa lenta, involuta, inefficace. Più aumentano le pene previste e più si incrementa la propensione a giustificare, ad assolvere, a scusare, nella convinzione (non lontanissima dalla verità) che sia meglio una mancata giustizia che una giustizia ingiusta.
Bisogna seguire una strada inversa. Una strada che può sembrare provocatoria a chi guarda le vicende giudiziarie in modo formalistico. Occorre diminuire le pene e contestualmente aumentare la competenza penale del Giudice di Pace (incrementandone anche il numero). Raddoppiare il numero dei Giudici di Pace è molto più semplice che incrementare quello dei giudici ordinari, portare alla loro cognizione quasi tutte le ipotesi di microcriminalità potrebbe aiutare il sistema complessivo. Ma soprattutto occorre sanzionare per via amministrativa – questa volta certamente con severità – tutte le attività propedeutiche al crimine o che ne costituiscano il logico contesto. In tale quadro, persino una limitata depenalizzazione potrebbe essere utile. Personalmente non vedo altra strada all’indulto quotidiano lamentato dal Capo della Polizia.

Il vero nesso tra sicurezza ed immigrazione clandestina

La vexata quaestio del rapporto tra sicurezza ed immigrazione clandestina è fin troppo nota. Le posizioni su tale tema sono variegate e contraddittorie, spesso condizionate da pregiudizi culturali o visioni ideologiche che non consentono di valutare opportunamente le ragioni dell’antagonista. Si va pertanto dalla negazione di qualsiasi rapporto significativo tra l’insicurezza oggettiva e la presenza di migranti non regolari alla attribuzione a quest’ultima quanto meno della responsabilità della diffusa insicurezza percepita. A mio parere, invece, un nesso esiste, ma, a differenza di quanto comunemente si ritenga, si tratta di un rapporto di casualità indiretto, mediato e, per certi versi, non univoco.
Appare assolutamente pacifico alla stragrande maggioranza degli esperti di politiche di sicurezza che la percezione di insicurezza del singolo nonché il generale convincimento sulle condizioni di sicurezza e legalità nel nostro Paese non abbiano alcun rapporto con gli indicatori di delittuosità. Che gli extracomunitari siano pertanto responsabili di circa un terzo dei delitti (e, ancor meno, che rappresentino un terzo della popolazione carceraria) è fatto che non determina, da solo, alcun effetto nella percezione di insicurezza. Ciò che invece ingenera il convincimento del diretto rapporto tra criminalità e migrazione clandestina è il quasi monopolio detenuto dagli extracomunitari in attività che non configurano fattispecie penali (anche se non possono definirsi propriamente legali).
In quali settori di irregolarità diffusa (ma non sempre di criminalità) la presenza degli immigrati è assolutamente predominante? Su questo è facile rispondere: accattonaggio, borseggio, prostituzione, commercio abusivo e di merce contraffatta, ecc.
Orbene, è il montare costante ed in frenabile di queste attività (soprattutto nelle grandi città) che rende il cittadino preoccupato ed incerto e, poiché questi comportamenti sono posti in essere prevalentemente da stranieri o nomadi, l’equazione si concretizza inevitabilmente.
Detto questo, appare evidente che è perfettamente inutile (oltre che ingeneroso) parlare di razzismo o xenofobia (sempre possibili in chiave individuale ma sconosciuti nel nostro Paese a livello di fenomeno di massa) poiché chi è esasperato dalla continua presenza di prostitute e questuanti è consapevole di provare avversione per i comportamenti e non per le persone (di qualsiasi etnia esse siano) ed interpreta queste accuse come una scorciatoia “da politicante” per non risolvere i problemi, colpevolizzando chi, vittima, dovrebbe piuttosto essere aiutato.
Se quello che ritengo è corretto, il governo dovrebbe astenersi da politiche dirette al contenimento all’immigrazione clandestina (tipo l’introduzione della specifica fattispecie penale) che si prestano peraltro a strumentalizzazioni di ogni genere, per invece concentrarsi (sul serio!) su politiche di contrasto alle citate forme di illegalità. Tanto per iniziare, una legge che rendesse perseguibile (anche mediante una severa norma amministrativa) l’esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico - oltre ad eliminare una formidabile fonte di finanziamento per la criminalità organizzata ed disincentivare il turpe traffico delle donne – farebbe scendere sensibilmente l’insofferenza verso gli extracomunitari, con effetti benefici anche per l’immagine nel mondo del nostro Paese. Non diversamente accadrebbe con provvedimenti che si opponessero concretamente al piccolo spaccio di droga (troppo spesso considerato con indulgenza) o a commercio abusivo che, aggressivo e petulante, rende impraticabili interi quartieri commerciali, senza dimenticare le piccole estorsioni praticate costantemente da parcheggiatori abusivi, accattoni , imbrattatori e finti malati di mente. Insomma, parliamo del peccato e non dei peccatori, è un vecchio brocardo di sacrestia attuale come non mai.

mercoledì, maggio 28, 2008

Ma la Poli Bortone non sa che il Pon Sicurezza...

Un piano casa per i rom con fondi derivanti dai beni confiscati alla mafia e un censimento sulle reali presenze per verificare "la loro disponibilità a un'integrazione sociale". A inoltrare queste richieste è il senatore del Popolo delle Liberta', Adriana Poli Bortone, che ha rivolto un'interrogazione, con richiesta di risposta scritta, al ministro dell'Interno Roberto Maroni. Nello specifico la Poli Bortone chiede al ministro Maroni di sapere se non ritenga "di poter utilizzare in un Piano Casa per i Rom i fondi stanziati per i Pon Sicurezza oppure quelli derivanti dai beni confiscati alla mafia" (....) I Comuni si trovano spesso ad affrontare la questione con fondi assolutamente inadeguati. Per questo sarebbe utile poter utilizzare i fondi dei Pon Sicurezza per un Piano Casa per i Rom''. (da http://www.vita.it/)
La senatrice Poli Bortone è persona accorta e preparata, tuttavia mi sembra che questa volta non si sia adeguatamente documentata. Il Programma Operativo Nazionale "Sicurezza per il Mezzogiorno d'Italia", per semplicità detto Pon Sicurezza, non può, neppure se i suoi responsabili lo desiderassero, finasnziare l'acquisto di case per i rom. Questo perchè essendo appunto un "programma" e non un mero capitolo di spesa ove ognuno può attingere secondo necessità, ogni euro è già destinato a scopi prefissati e con modalità concordate con la Commissione Europea, cofinanziatrice. Per sincerarsi di tutto ciò, basta leggerselo il Programma (che è regolarmente in rete) oppure rivolgersi al competente ufficio del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

lunedì, maggio 26, 2008

Il prof. Savona all'ABI







L'analisi presentata dal Prof. Ernesto Savona, dell'università cattolica di Milano, nel corso dell'odierna (26.5.2008) edizione del noto seminario di studi dell'ABI "Banche e Sicurezza 2008 - soluzioni, strumenti e metodologie per una nuova strategia di protezione" è interessante sotto molti punti di vista e non si può certamente affermare che lo studioso di Transcrime non sia un intellettuale originale e coraggioso. Non posso certamente rappresentare tutti i punti trattati dallo studioso ma vorrei almeno considerarne una sua ardita teoria che mi è parsa particolarmente meritevole di attenzione, in quanto sembra risolvere la questione di quale sia il legame (psicologico e mediatico più che reale) che determina la facile equazione immigrazione=criminalità.
I delitti, afferma Savona richiamandosi all'autorità di altro criminologo di cui colpevolmente non ho annotato il nome, sono commessi prevalentemente da individui giovani, in genere compresi tra i 15 e i 25 anni. Poichè la nostra società si avvia velocemente all'invecchiamento a causa di una infrenabile denatalità, gli indicatori oggettivi di delittuosità dovrebbere conseguenzialmente declinare. Non declinano per lo stesso motivo per cui non diminuisce il numero complessivo dei cittadini italiani (asserstato da anni sui 58 milioni circa) e cioè grazie alla presenza dell'immigrazione straniera. Gli stranieri, pertanto, non delinquerebbero di più perchè stranieri (cosa ovviamente che appare insostenibilile per chiunque non sia un ottuso xenofobo) ma semplicemente perchè sono mediamente molto più giovani e pertanto molto più a rischio.
Se quello che afferma Savona è vero (e non ho motivo di dubitarne) è esatta anche la sua seconda conclusione: è inutile operare politiche di contenimento del crimine rivolte agli stranieri; molto più intelligente ipotizzare strategie rivolte ai giovani e per giovani non si devono intendere i 14/18enni (ormai irrecuperabili, qualora avvezzi alla malvivenza) bensì i ragazzini dei primissimi anni delle elementari.



Il Prof. Savona ricorda che "secondo molti studi sulla devianza e sul disagio giovanile intervenire sull'aggressività dei bambini riduce di molto il rischio che questi sviluppino nell'adolescenza comportamenti aggressivi e comportamenti devianti nell'età adulta..."
Ciò mi ricorda quel vecchio detto arbitrariamente attribuito al Mazzarino "datemi i primi sette anni di vita di un uomo...."