Dopo anni di convegni, incontri, libri ed articoli sul tema, finalmente qualcuno ha giuridicamente definito il concetto di “sicurezza urbana” , concetto che aveva dato persino luogo all’istituzione di assessorati e commissioni varie. Si tratta del Decreto del Ministro dell’Interno. Datato 5 agosto 2008, che, in attuazione dell’art.54, comma 4bis del decreto legge 23 maggio 2008 n. 92 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” ha “disciplinato l’ambito di applicazione” della norma “anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana”.
A onor del vero, “definito” è forse un termine un po’ eccessivo. Sicurezza Urbana sarebbe, infatti “ un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
Devo dire – ma la colpa è solo mia – che questa definizione non riesce a soddisfarmi. Ne deduco che NON fanno parte della sicurezza urbana le norme che non regolano la vita civile e che non migliorano la convivenza civile e la coesione sociale. Ma quali saranno mai queste norme che non determinano effetti in principi così importanti della nostra società? Mi viene un po’ in soccorso l’inciso “all’interno delle comunità locali” che mi impone di pensare che, nel nostro Paese, coabitino una comunità nazionale ed una locale, ognuna con norme proprie in materia di civile convivenza e di coesione sociale, ma devo dire che sinora non me ne ero proprio accorto.
Devo tuttavia ammettere (anche per diminuire il mio innato spirito polemico) che, elencando le competenze dei sindaci, la norma poi chiarisce (quasi del tutto) la portata dell’ambito di applicazione della norma. Ma “definire” è certamente difficile. Molto difficile.
A onor del vero, “definito” è forse un termine un po’ eccessivo. Sicurezza Urbana sarebbe, infatti “ un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
Devo dire – ma la colpa è solo mia – che questa definizione non riesce a soddisfarmi. Ne deduco che NON fanno parte della sicurezza urbana le norme che non regolano la vita civile e che non migliorano la convivenza civile e la coesione sociale. Ma quali saranno mai queste norme che non determinano effetti in principi così importanti della nostra società? Mi viene un po’ in soccorso l’inciso “all’interno delle comunità locali” che mi impone di pensare che, nel nostro Paese, coabitino una comunità nazionale ed una locale, ognuna con norme proprie in materia di civile convivenza e di coesione sociale, ma devo dire che sinora non me ne ero proprio accorto.
Devo tuttavia ammettere (anche per diminuire il mio innato spirito polemico) che, elencando le competenze dei sindaci, la norma poi chiarisce (quasi del tutto) la portata dell’ambito di applicazione della norma. Ma “definire” è certamente difficile. Molto difficile.