venerdì, febbraio 26, 2010

Un commissario scomodo. La storia di Ennio Di Francesco.


L'editore Sandro Teti ha recentemente ripubblicato, con notevoli ampliamenti, il libro di Ennio Di francesco "Un Commissario", rititolato "Un commissario scomodo". Si tratta del racconto autobiografico di un funzionario di polizia controverso e tormentato ma sempre animato da profonda coerenza ed onestà intellettuale. Passato agli onori delle cronache quando fu protagonista dell'arresto di Marco Pannella che si era macchiato (e sostanzialmente autodenunciato) del crimine di spaccio di droghe leggere, Di Francesco non ebbe scrupolo - pur consapevole delle critiche che gli sarebbero piovute addosso - di manifestare pubblica solidarietà al leader radicale. E' stato questo uno dei numerosi episodi di difficoltà per l'Autore a far conciliare i suoi principi e i propri persnali profondi convincimenti morali e politici con la necessità di assecondare la dinamica delle politiche di sicurezza vigenti al tempo. Un libro difficile, di sofferta lettura ma di grande interesse storico ed umano. Un acquisto consigliabile.

giovedì, febbraio 25, 2010

Rapporto cnel sulla criminalità dell'Italia del nord


Il traffico di droga, l'usura e il pizzo, ma anche l'edilizia, i grandi appalti e la finanza. I tentacoli della piovra mafiosa sono ormai saldamente stretti attorno alle ricche città del Nord. E' il quadro tratteggiato dal rapporto del Cnel su "L'infiltrazione della criminalità organizzata nell'economia di alcune regioni del Nord Italia".

Il rapporto ricostruisce storicamente la 'conquista' delle regioni settentrionali da parte delle cosche meridionali negli ultimi cinquanta anni. Tre, essenzialmente, le strade che hanno portato al Nord i mafiosi: l'invio in soggiorno obbligato dei boss, prima siciliani e poi camorristi e 'ndranghetisti; l'emigrazione nel triangolo industriale di Torino, Milano e Genova; la scelta strategica, soprattutto fatta dalla 'ndrangheta, di insediarsi stabilmente al Nord.

A distanza di decenni, lo scenario che emerge vede i mafiosi pienamente inseriti in settori dell'economia, proprietari di immobili, di attività imprenditoriali e commerciali, impegnati nel riciclaggio ed in cerca di relazioni con il mondo politico. La 'ndrangheta e' l'organizzazione criminale numero 1 ora al Nord: in Lombardia si sono spostate tutte le 'ndrine che contano ed ognuna ha trovato il proprio spazio. Indagini nell'hinterland di Milano mettono in luce la loro presenza sia nei lavori dell'alta velocità ferroviaria e in quelli dell'ampliamento dell'autostrada A4, sia il rapporto nuovo tra imprenditoria 'ndranghetista e imprenditoria lombarda. Si e' così verificata l'espulsione di imprenditori sani e la contestuale sostituzione con soggetti privi di scrupoli.

Il Cnel parla di "conquista silenziosa di pezzi dell'economia legale", con la sostituzione di vecchi proprietari (imprenditori e commercianti) attraverso il prestito usuraio che, insieme all'edilizia, è diventato il "cavallo di Troia" per conquistare le cittadelle economiche del Nord. E una misura degli interessi mafiosi in Settentrione la danno anche i numeri delle confische eseguite dalla magistratura: al 30 giugno 2009 beni per 142 milioni di euro (108 milioni nella sola Lombardia) e aziende per 1,7 milioni di euro. Cifre, commenta il Cnel, "impressionanti, che da sole ci indicano la grande capacità espansiva e il radicamento nelle regioni del Nord" delle organizzazioni criminali meridionali. (fonte ansa).

mercoledì, febbraio 24, 2010

La maggioranza deviante ovvero il problema della cultura della legalità nell'Italia contemporanea.


Se accettiamo la complessa definizione di devianza che ci offre il dizionario di sociologia di Luciano Gallino “atto, comportamento o espressione, anche verbale, del membro riconosciuto di una collettività che la maggioranza dei membri della collettività stessa giudicano come uno scostamento o una violazione più o meno grave , sul piano pratico o su quello ideologico, di determinate norme o aspettative o credenze che essi giudicano legittime o a cui di fatto aderiscono ed al quale tendono a reagire con intensità proporzionale al loro senso di offesa” allora il concetto di “maggioranza deviante” non avrebbe motivo di sussistere e gran parte del dibattito politico di questi anni acquisterebbe una valenza surreale.
Se la devianza riassumesse veramente in sé la componente statistica ( “..che la maggioranza dei membri giudicano…” ) essa non potrebbe che essere ricondotta tra i comportamenti marginali o, seppur non episodici, certamente accidentali e non strutturali.
Il quesito che oggi ci poniamo e che ha necessitato di questa tediosa introduzione è pertanto il seguente “è la corruzione in Italia un comportamento deviante?” E ancora, ragionando con lo stesso metro, possiamo altresì definire devianza l’evasione fiscale?
Corruzione ed evasione, infatti, rappresentano non solo comportamenti estremamente diffusi ma soprattutto paiono (o si sostiene che appaiano) alla maggioranza dei consociati come violazioni estremamente veniali. Non che non esista disapprovazione pubblica (che anzi si presenta sovente esageratamente marcata) ma essa è accompagnata spesso da accondiscendenza e tolleranza quando l’argomento viene affrontato in ambiti privati.
“Per un imprenditore all’inizio della sua attività – mi diceva un industriale affermato – è assolutamente impossibile pagare le tasse; e se, per moralismo o pavidità eccessiva, questi intendesse farlo, condannerebbe se stesso e la sua nascente azienda all’immediato fallimento…” e un dirigente pubblico di lungo corso “ per evitare fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione l’unico modo sarebbe l’assegnazione dei contratti per sorteggio e forse non basterebbe perché anche un sorteggio potrebbe essere manipolato; bisogna rassegnarsi al fatto che l’essere umano è corrotto e che, entro certi limiti, la corruzione è fisiologica e nessuna società è riuscita a debellarla…”
Sono corrette queste affermazioni? Possiamo pensare che non lo siano. Tuttavia, non è questo il punto. Esse sono molto diffuse e, se sostenute in un salotto, non vengono accolte con reazioni negative ma anzi spesso li si accredita di sano e saggio realismo. Ciò dimostra - se ancora fosse necessario dimostrarlo - che comportamenti teoricamente “devianti” possono invece far parte della cultura di una parte consistente (non so dire se maggioritaria) di un popolo e il livello di offesa ai c.d “valori di condivisi” viene ricondotto nell’ambito teorico di un “mondo ideale” che tuttavia non esiste e che (nell’opinione o forse nella speranza di alcuni) probabilmente non esisterà mai

lunedì, febbraio 22, 2010

Il piano pro-legalità presentato a Milano al ministro Maroni. Il computer detective "Risicol".


(Fonte: L'Avvenire del 21.2.2010.)Sapevate che negli ultimi 12 mesi il 6,6% delle imprese ha subito il 92,7% del totale dei furti? E che corruzione e infiltrazioni criminali sono difficili da stanare perché, solo nel 2008, sono stati avviati 47.937 appalti da oltre 150mila euro, per un totale di 76 miliardi (l'equivalente di quattro robuste Finanziare)? Vi hanno mai detto che, rispettò ai colleghi sulle volanti, a parità di ore lavorate i poliziotti in bicicletta mettono a segno il triplo degli arresti? Quello che l'Università Cattolica di Milano presenterà domani al ministro dell'Interno Roberto Maroni è un piano per migliorare, in poche mosse, legalità nella pubblica amministrazione ed efficacia delle forze dell'ordine. La chiave sta «nell'approccio integrato di più discipline: criminologia, diritto, economia, finanza, statistica, sociologia, informatica». Lo annuncia Emesto Savona, direttore di Transcrime, il Centro interuniversitario di ricerca sulla Criminalità transnazionale dell'Università Cattolica e dell'Università di Trento. Tangenti e mafia. Il nome ricorda quello di un famoso gioco di strategia bellica. "Risico 1 " è un programma informatico sviluppato da Transcrime in colfaborazione con il ministero dell'Interno, n sistema effettua unavalutazione del pericolo di infiltrazioni negli appalti attraverso un modello statistico che utilizza decine di informazioni. Per esempio valuta il rischio in relazione alle caratteristiche del contratto, dell'impresa vincitrice e di ciascun appaltatore. Esamina le caratteristiche delle persone che hanno una posizione di rilievo: soci, amministratori, rappresentanti legali, dirigenti. Combinando questi dati con il contesto territoriale (come in presenza di un Comune sciolto per mafia), il tipo di procedure burocratiche, la presenza di ' stazioni subappaltanti", gli importi delle gare e i prezzi di aggiudicazione, il cervellone attribuisce un punteggio. Quando è alto, meglio indagare. Gli "hot spot". Transcrime lavora tra gli altri per le Nazioni Unite e l'Unione Europea, per conto di cui ha elaborato il concetto di "Hot Spot", cioè «pochi luoghi che concentrano molta criminalità e producono molta insicurezza». Uno dei risultati più importanti della ricerca recente è avere dimostrato che poche zone producono la grande maggioranza dei reati. «Ciò significa che un'attività di prevenzione efficace dovrebbe seguire "i luoghi" in- tervenendo su questi per ridurre le opportunità criminali». Invece si seguono in prevalenza le persone, «cioè gli autori di reato, se ne individuano alcuni e, parte di questi, vengono condannati». Al contrario occorre andare lì dove si formano le opportunità criminali, «anticipare il reato evitando che questo venga commesso». Via Padova e i «ghetti» .Uno dei perimetri più studiati è quello del quartiere milanese di Via Padova, dove una settimana fa si è consumato un omicidio che ha provocato una rivolta etnica. È un classico caso di "hot spot". «In queste aree - osserva Savona - la situazione degenera perche alcuni fattori di wchio, determinati da variabili diverse (conflitti ihfraetnici, integrazione mancata con gli abitanti locali, etc.), si miscelano ad una concentrazione di opportunità date dalla concentrazione di luoghi di ritrovo. Il tutto in assenza di fattori protettivi». Già dai dati censuari del 2001 emergeva come l'area fosse interessata da «alta percentuale di popolazione straniera (con numerose etnie); bassa percentuale di nuclei familiari; alta concentrazione di attività commerciali omogenee; alta percentuale di appartamenti in affitto». Per Transcrime occorrerebbe «sviluppare alcuni fattori protettivi, come ad esempio, riorganizzare i presìdi delle Forze di Polizia, pianificare a fini di sicurezza interventi di tipo amministrativo, decentrare le licenze dei bar, dei luoghi di ristoro, dei cali center e sviluppare eìementi di coesione sociale come luoghi di aggregazione». Furti m casa. La polizia di Huddersfield, nel Nord dell'Inghilterra, aveva un problema. Nel ricco distretto tessile, non a caso definito la "Svizzera inglese", c'era stata un allarmante impennata dei furti in appartamento. È lì che è stato applicato il concetto di "hot spot", un po' come potrebbe accadere per la Brianza o i distretti avanzati del Trevigiano. Il piano prevedeva una redistribuzione delle forze di polizia sul territorio. «Per stabilire un criterio chiarisce Emesto Savona - tutte le abitazioni sono state classificate in tré categorie (oro, argento e bronzo) a seconda del livello di vittimizzazione registrato in precedenza». Nei luoghi identificati come più problematici sono state concentrate maggiori risorse di polizia. Risultato: riduzione del 30% dei furti in appartamento; aumento degli arresti dal 4% al 14%; nessuna evidenza di aumento del reato nelle aree limitrofe. Di Nello Scavo per l'Avvenire.

La "vittima", soggetto centrale di nuove politiche di sicurezza.


Solo di recente le politiche di sicurezza hanno riscoperto il tema cruciale della “vittima”, per molti decenni assolutamente trascurato. L’interesse degli studiosi era stato infatti calamitato dalla figura del criminale, nemico da contrastare ed eliminare o, talvolta, persino da comprendere e giustificare, figura comunque a cui attribuire nel reato il ruolo eterno del protagonista.
La vittima soggiaceva nello sfondo, quale soggetto passivo, entità occasionale su cui vi era poco da studiare, poco da comprendere, poco da modificare.
Facevano eccezione alla regola solo le vittime di fatti di sangue particolarmente efferati o di crimini quali la violenza sessuale, per i quali – talvolta a beneficio di possibili eventuali attenuanti da riconoscere all’autore del reato – la figura del soggetto passivo veniva sezionata e discussa.
Questo processo di marginalizzazione del ruolo della vittima ha trovato recentemente in Italia un momento di controtendenza, in coincidenza con una serie di studi sulla criminalità predatoria che hanno conferito grande impulso alle c.d. indagini di vittimizzazione. Impossibile non ricordare, al riguardo, l’indagine condotta nel nostro Paese dal sociologo Marzio Barbagli per conto dell’ISTAT nel 1998, che ha dato adito ad una serie di analoghe iniziative.
Perché questa riscoperta? Ritengo che il motivo principale vada ricercato nel diverso approccio che la società ha tentato nei confronti del fenomeno criminoso. Un approccio non solo repressivo (anche se questo profilo ovviamente è stato tutt’altro che assente) ma soprattutto riparativo, finalizzato, come si dice in una felice espressione, alla “riduzione del danno.” Ogni reato commesso è vissuto come una sorta di trauma a cui la società è sottoposta, che va pertanto analizzato sia sul piano eziologico (affinchè non si ripeta o si ripeta il minori numero di volte possibile) sia su quello degli effetti derivanti (assicurando misure tese a far cicatrizzare la ferita inferta). Studiare l’impatto del reato diviene pertanto attività connessa e propedeutica a quella tesa alla riparazione del danno.
Porre la vittima al centro del discorso aulla criminalità, determina tuttavia un altro effetto, di non trascurabile entità. Tale materia esula o pertiene in modo quasi trascurabile alle competenze delle tradizionali agenzie di controllo sociale (in particolare le forze di polizia) per coinvolgere pervasivamente altre realtà ed altre professionalità. Il rapporti tra soggetti dediti al contrasto al crimine e soggetti dediti alla riparazione del danno, inevitabilmente destinato ad intensificarsi, resta uno dei problemi aperti del prossimo decennio.

mercoledì, febbraio 17, 2010

Convegno Transcrime sui nuovi modelli per l'analisi dei problemi e lo sviluppo delle politiche di sicurezza.



E' ormai dominio della ricerca avanzata - scrive transcrime - che pochi luoghi (hot spot) concentrino molta criminalità e producano molta insicurezza. Perchè si possano trasferire i risultati di queste ricerche in rimedi efficaci, occorre conoscere le dimensioni di questi luoghi, dove sono, quale criminalità producono, in quale giorno della settimana e in quale ora della giornata. Acquisita questa conoscenza, occorre poi pianificare i presidi delle Forze di Polizia, sviluppando tra cooperazione tra polizie pubbliche nazionali, locali e private, accrescendo nel contempo la formazione degli addetti e la partecipazione dei cittadini.
Su questi temi, è stata organizzata per lunedì 22 febbraio 2010 alle ore 10.00 presso l' Aula Magna dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, una giornata di discussione con i principali esperti del settore.
Parteciperà il Sindaco di Milano Letizia Moratti, il Prif. Ernesto Savona, il Prof. Giuseppe Di Federico, i Prefetti Nicola Izzo (nella foto) e Paola Basilone, il sindaco di Bari Michele Emiliano, il nostro amico Enrico Tedesco della Regione Campania e, ultimo ma non ultimo, il Ministro Roberto Maroni.
Se possibile, cercheremo di pubblicare uno stralcio degli atti del convegno.

lunedì, febbraio 15, 2010

E l'oltraggio ritornò ad intasare le aule giudiziarie


"Sei insensibile e maleducato ciome tutti i poliziotti...chissà chi vi credete di essere solo perchè indossate una divisa..." Lo scudo a tutela dei pubblici ufficiali era stato tolto nel 1999, in considerazione del fatto che frasi come quelle appena ipotizzate sfuggivano dalle incaute bocche di malcapitate troppo spesso e, al danno di una contravvenzione, si aggiungeva sovente la beffa di una denuncia per oltraggio.
La legge n. 94 del 2009 ha tuttavia reintrodotto il reato. Sono sinceramente convinto che la popolazione italiana non ne sentisse la mancanza. Purtroppo i nostri tutori dell'ordine sono persone che svolgono un lavoro meritorio e durissimo ma, appunto per questo, non sempre sono inclini alla pazienza e alla tolleranza. In pochi mesi, pertanto, dall'agosto 2009 ad oggi il nuovo reato ha indotto l'apertura di ben 1200 fascicoli nelle procure italiane, intasando ancor più un sistema all'orlo del collasso.
Io spero vivamente che le forze di polizia - nei cui confronti sono stati svolti negli anni numerosi corsi di formazione di comunicazione pubblica e di "approccio alla cittadinanza" - non necessitino più di questo "scudo penale" che, come tutti gli scudi, diviene troppo spesso una comoda trincea ove collocarsi per non rispondere ad alcuna critica sul proprio operato. Rinunciamo all'oltraggio o, almeno, depenalizziamolo e prevediamo una sanzione amministrativa. Un raddoppio della contravvenzione, ad esempio, sarebbe già deterrente sufficiente, immediato, pratico ed economicamente vantaggioso per le casse dello Stato.

venerdì, febbraio 12, 2010

Firmato il protocollo tra Ministero dell'Interno e polizia privata per aprire "mille occhi sulla città".


Metronotte e operatori privati sono chiamati a segnalare attraverso canali preferenziali la presenza di mezzi o persone sospette, di bimbi o anziani in difficoltà e di auto o moto rubate. Lo prevede il protocollo d'intesa firmato ieri tra il Viminale, l'Anci e le associazioni degli istituti di vigilanza privata, «Mille occhi sulla città». Il Ministro Maroni lo saluta con entusiasmo come «modello di sicurezza allargata, partecipata, assolutamente moderno, efficiente e utile». Di «passo in avanti verso la sicurezza partecipata» parla anche il viceministro Alfredo Mantovano. Ma tra i sindacati di polizia, invece, c'è chi, come l'Anfp, parla di «minestra riscaldata», un protocollo analogo di 8 anni fa specificava gli stessi «obblighi cui gli istituti di vigilanza privata sono già tenuti per legge». E sospetta con la Filp-Cgil sia solo un modo per «pagare con i soldi pubblici il servizio di una pattuglia privata, già pagata dai clienti». D'accordo il Pd che con Emanuele Piano rimarca «il fallimento dell'idea delle ronde» e paventa il «progressivo trasferimento di competenze e oneri» dalle forze dell'ordine « a soggetti privati" Fonte: Corriere della Sera, 12.02.2010.

Le critiche delle organizzazioni sindacali somo, nel caso in specie, probabilmente ingiuste. Il protocollo non sembra infatti prevedere oneri finanziari per il Ministero dell'interno e quindi difficilmente si potrà parlare di un trasferimento di risorse o, comunque, di somme di denaro dal pubblico al privato. Credo che le forze di polizia debbano liberarsi di un loro pregiudizio, quello di ritenere di essere le uniche in grado di sostenere la "missione" del contrasto alla criminalità e che ogni ulteriore apporto da parte di soggetti terzi sia inutile orpello quando non addirittura ostacolo ed impedimento. Come ben potrebbe testimoniare Raffaele Lauletta, con cui parliamo di queste cose da anni, la polizia privata potrebbe invece - sotto la guida delle Forze a competenza generale, fornire un contributo prezioso, nei limiti ovviamente delle proprie contenute competenze e possibilità.

mercoledì, febbraio 03, 2010

Antonio Giannella, nuovo referente Pon


E' il Prefetto Antonio Giannella il nuovo Coordinatore e Referente Conoscitivo per il Pon Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno. Prende il posto di Daniela Dintino, collacata a riposo.