lunedì, novembre 30, 2009

E' in arrivo il nuovo Rapporto Censis


Venerdì 4 dicembre, alle ore 10.00, presso la sede del CNEL a Roma, avrà luogo la presentazione del 43° Rapporto Annuale Censis sulla situazione sociale del paese, periodico appuntamento per tutti coloro che voglione capire o almeno cercare di capire quello che accade in Italia. Ovviamente, anche se tutto il Rapporto è interessante, la parte che personalmente leggo con maggior interesse è quella relativa alla situazione della sicurezza. Si tratta di un capitolo scritto sempre molto bene (credo che vi sia la mano anche della nostra amica Anna Italia) e che, nell'edizione del 2008, ha seguito non solo le due direttrici più "alla moda": l'immigrazione e l'accresciuta presenza delle polizie locali ma anche profili meno scontati come la contraffazione, il riemergere della corruzione e, ultimo ma non ultimo, il fenomeno del bullismo.
Mi è sembrata un'impostazione in sintonia con il testo del Pon 2007-13 che se aveva un merito rispetto alla precedente edizione - scritta in buona parte da uno sciagurato funzionario di mia conoscenza - era quello di aver individuato nella contraffezione di marchi un vero attentato alla nostra economia (che, se non stroncato, causerà danni inreparabili al "made in Italy") e nell'anticipazione dell'intervento di prevenzione a fenomeni prodromici come il bullismo, la nuova frontiera delle politiche regionali di sicurezza per lo sviluppo. Tale parte di quel programma mi sembra tuttavia la meno attuata e, forse, la meno condivisa. Ben venga, quindi, questo nuovo Rapporto, sopratutto se avrà l'intendimento di insistere su questi temi ed altri analoghi, portando auterevole e documentata argomentazione alle tesi di chi, se aveva forse capito, non ha saputo spiegare e, se ha saputo spiegare, non è stato comunque convincente.

venerdì, novembre 27, 2009

Vendere o non vendere i beni confiscati alla criminalità organizzata?


Nell'assemblea di ieri 26 novembre, il Comitato Nazionale per l'Economia e il Lavoro (CNEL) all'unanimità, ha definito «assolutamente indispensabile mantenere l'asse portante della legge 109/96 che vieta la vendita dei beni confiscati e destina gli stessi ai Comuni, allo Stato, alla società civile, alle cooperative di giovani e di lavoratori. La vendita all'asta - dice il Cnel - è decisamente da evitarsi». Piuttosto, aggiunge l'organismo, è necessario che il governo rimuova i problemi emersi nell'applicazione della legge. Assegnando a una apposita agenzia presso la Presidenza del consiglio il compito di gestire i beni confiscati, dotandola di poteri, fondi e personale per «assicurare, in tempi certi, che il bene sia definitivamente consegnato all'assegnatario»(fonte "L'Avvenire")
Devo confessare di aver condiviso per anni questa posizione; i beni confiscati alla mafia sono stati, infatti, l'asse portante di gran parte delle politiche di diffusione della legalità - realizzate grazie al contributo degli enti locali e dell'associazionismo - progettate dal Programma Operativo Nazionale "Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno". Oggi, tuttavia, sono molto meno convinto.
I motivi del mio relativo ripensamento sono semplici: salvo poche eccezioni (Libera) è difficile trovare interlocutori sociali validi a cui affidare questi beni in modo da essere certi di un loro utilizzo sia produttivo sia "emblematico". Non sono rari i casi in cui, al contrario, questi beni siano stati sottulizzati o praticamente abbandonati. A quel punto, il famoso "valore simbolico" della sottrazione a mani mafiose e della riconsegna alla legalità non solo viene meno ma si appalesa addirittura mortificante.
Giustamente è stato detto "vendendo i beni, potrebbero essere riacquistati da mafosi e camorristi". E' possibile che, in qualche caso, ciò accada. Ma sarebbe veramente così grave? Qualora il denaro utilizzato per il riacquisto non fosse legale, cosa vieterebbe di riconfiscare il bene? Tutto mi sembra preferibile, in definitiva, all'inerzia e al degrado di cui soffrono alcune risorse già appartenenti alla criminalità ed ora nella disponibilità dello stato e dubito fortemente che le cose migliorebbero in modo sensibile se il tutto fosse affidato al qualche "agenzia" presso la presidenza del consiglio. Ma forse io sono solo un inguaribile pessimista.

giovedì, novembre 26, 2009

Il Governatore Draghi denuncia: le infiltraziooni criminali non consentiranno mai al nostro Sud di decollare.


ROMA (26 novembre) - La criminalità organizzata è infiltrata nelle pubbliche amministrazioni del Sud. Il Mezzogiorno presenta «scarti allarmanti» rispetto al centro-nord nei servizi essenziali quali istruzione, giustizia civile, assistenza sociale, trasporti e Sanità. Lo ha sottolineato il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, aprendo un convegno di Bankitalia sul Mezzogiorno.

Criminalità infiltra pubbliche amministrazioni. «Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile». «Alla radice dei problemi del Sud stanno la carenza di fiducia tra cittadini e tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione prestata al rispetto delle norme l'insufficiente controllo esercitato dagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, il debole spirito di cooperazione: è carente quello che viene definito “capitale sociale”».

«Da lungo tempo i risultati economici del Mezzogiorno d'Italia sono deludenti». «Il divario di Pil pro-capite rispetto al Centro Nord - ha spiegato Draghi - è rimasto sostanzialmente immutato per 30 anni: nel 2008 era pari a circa 40 punti percentuali. Il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto nazionale lordo» rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell'area dell'euro». Draghi ha sottolineato che »un sentiero di crescita più elevato di quello dello scorso decennio è essenziale per la stabilità finanziaria; per abbattere il debito pubblico; per potenziare le nostre infrastrutture« e »per ridurre il prelievo fiscale». Draghi ha poi sottolineato che «il processo di cambiamento è troppo lento».

«Non è quella delle politiche regionali la via maestra per chiudere il divario tra il Mezzogiorno e il centro-nord». Draghi ha sottolineato che il federalismo fiscale «sarà un'occasione per rendere più efficace l'azione pubblica solo se l'imposizione e la spesa a livello decentrato premieranno l'efficienza, solo se gli amministratori locali saranno capaci di indirizzare le risorse verso gli usi più produttivi e le priorità più urgenti». Altrimenti - ha detto Draghi - «i divari si aggraveranno». (da "Il Messaggero on line)

Impossibile dare torto al Governatore. Semmai l'accusa che gli sarà rivolta sarà quella di "aver impiegato troppo tempo" per accorgersi di quello che gli italiani, sopratutto meridionali, conoscono da anni. Tuttavia, due osservazioni possono essergli mosse. La prima concerne la condanna senza appello che lui rivolge alle "politiche regionali". Non è tanto lo strumento ad essere inefficace quanto il modo con cui viene adoperato. Le politiche regionali di sviluppo in altri Paesi (ma anche in Italia) si sono dimostrate validissimo canale di spesa, capace di innestatre il circuito virtuoso di sviluppo a cui sono finalizzate. Nel Sud ciò non accade perchè le risorse sono aggredite quasi alla fonte e piegate ad interessi opachi quando non addirittura criminali. La seconda osservazione concerne il territorio: il meridione non è tutto uguale ed è opportuno distinguere. Ma la domanda da farci è "dove dunque investire"? Colà ove la situazione è più grave (è perchè è più grave?) oppure colà ove il territorio promette di utilizzare con maggior legalità ed efficienza le risorse finanziarie? Io non avrei dubbi. La seconda che ho detto.

mercoledì, novembre 18, 2009

Il Prefetto Paola Basilone sulla poltrona che fu di Procaccini.

Peccato che l'unica foto reperibile sul Web (tratta dal Mattino di Napoli) non renda giustizia al Prefetto Paola Basilone che vi appare col piglio sinistro del ricercato dalla legge. Si tratta, al contrario, di persona certamente decisa e determinata ma anche provvista di non comune simpatia e di una carica umana straordinaria. Il Ministro Maroni, che in questi mesi deve avere imparato ad apprezzarla, aveva un tono vagamente gigionesco quando ha comunicato alla stampa di aver deciso di nominarla Vice Capo della Polizia, aggiungendo con entusismo la notizia, poi risultasta falsa, che si trattava della prima donna a ricoprire il prestigioso incarico.
Paola Basilone è un prefetto ancora molto giovane e certamente in grado di fornire un contributo importante e duraturo all'Amministrazione dello Stato. Non sappiamo se toccherà a lei, sulla falsariga del suo grande predecessore Giuseppe Procaccini, interessarsi di Sicurezza per lo Sviluppo, giacchè da qualche anno il Ministero dell'Interno preferisce conferire tale compito al Vice Capo della Polizia Vicario, che peraltro opera con grande successo. Se così fosse, tuttavia, ne saremmo lieti: il prefetto Basilone ha infatti grande esperienza di rapporti interistituzionali, si è interessata attivamente di patti per la sicurezza e gode fama di equilibrio e ragionevolezza. Dirigendo l'Ufficio di corrdinamento ha acquisito anche notevole esperienza internazionale (che nei rapporti con la commissione europea non guasta). Potrebbe essere una lieta sorpresa.

martedì, novembre 17, 2009

Felice Romano al congresso radicale


Il Segretario del Siulp, Felice Romano, ha svolto un appassionato intervento nel corso del VII congrasso dei Radicali italiani svoltosi qualche giorno fa a Chianciano. Lo ho ascoltato, con grande interesse, alla radio e mi spiace non averne trovato il testo. Il resocondo che il partito radicale ne propone mi sembra riduttivo, limitandosi a scrivere che il congresso "ringrazia in particolare il rappresentante del Siulp Felice Romano, che nel suo intervento, a nome di tutte le organizzazioni promotrici, ha denunciato il tentativo in corso di militarizzare e depotenziare le forze di sicurezza, mortificandone la professionalità e distruggendone le risorse umane, anche con demagogici e dannosi provvedimenti quali l’impiego dell’esercito in funzioni di ordine pubblico e l’improvvida creazione di ronde di cittadini privati; ne condivide la denuncia, si impegna a sostenerne le legittime rivendicazioni".
In verità, l'intervento del sindacalista (che conosco da anni e di cui apprezzo l'onestà intellettuale) si è posto su di un piano diverso dalle semplice critica politica a provvedimenti governativi di discutibile efficacia. Egli ha colto, infatti, che il tema "rivoluzionario" di questi giorni è stata la grande manifestazione che ha visto scendere in piazza quarantamila poliziottti, lavoratori che nel loro DNA non hanno certamente la pubblica protesta. Che cosa li ha spinti e che valore conferire a questa manifestazione? Non si è trattato - a ben sentire le parole di Romano - di una mera rivendicazione salariale. Il vero problema è che le forze di polizia sentono vacillare la stima e la considerazione istituzionale che, nel variar di color politico dei vari governi, era tuttavia rimasta come una costante. Alcune forze politiche sembrano vagheggiare soluzioni nuove, diverse, alternative a quella che per anni hanno individuato nella nostra polizia e nei carabinieri le armi contro l'illegalità e il crimine, soluzioni meno costose e pià vicine a modelli federativi. L'inquietitudine nasce sopratutto da questo e non basterà qualche soldo in più in busta paga per sanarla.

lunedì, novembre 16, 2009

A margine di un Manuale Antirapina


Si può recensire un libro senza averlo preventivamente letto? Credo che non esista abitudine tanto frequente quanto scorretta. Si pubblica troppo e per il critico il tempo non è mai sufficiente all'opportuno approfondimento. Ecco allora che si legge la quarta di copertina, si occhieggia l'indice, si sfoglia il capitolo ritenuto, magari a torto, più significativo...e si esprime la propria opinione. Personale, pertanto inconfutabile. Per questo libro di Silvia Calzolari e Daniele Veratti, edito da Sassoscritto e tutolato "Manuale Antirapina" sarò sincero e confesserò di non averlo mai aperto in vita mia e di non averlo ancora neppure comprato (ma giuro che lo farò!). Se ne parlo, non è per vantare i meriti degli autori (che, a quanto leggo su internet, sono tanti e di spessore) quanto per rendervi partecipi di una riflessione che mi è sorta prepotente. Di criminalità ormai parliamo in tanti: Ne parlano i criminologi (come i due giovani autori citati) ne parlano i sociologi della devianza (come il mio amico Ernesto Savona) ne parlano gli esperti di politiche di sicurezza (e qui, per me, l'elenco sarebbe troppo lungo) non ne parlano a sufficienza, a mio sommesso parere, i tecnici della sicurezza che sono le forze di polizia. Questo non è, infatti, il primo "Manuale Antirapina" che io ricordi: ne finanziammo un altro alcuni anni fa ed era rivolto ovviamente in primo luogo ai commercianti. Chi lo aveva redatto? Esperti di confesercenti e confcommercio (si trattava, credo, dei mitici Lino Busà e Andrea Colucci), Poliziotti e Carabinieri, che pur parteciparono all'iniziativa, non scrissero una riga (l'unico contributo fu l'elenco degli uffici a cui rivolgersi). Le forze di polizia fanno fatica a contestualizzare il problema "dalla parte della vittima", proiettate come sono al tema dell'assicurazione alla giustizia dei responsabili? E' possibile che ciò sia stato vero nel passato, ma da qualche anno non mancano riflessioni all'interno del sistema "polizie" ed ufficiali e funzionari in grado di esprimere punti di vista profondi ed originali. Tali contributi, non sopraponendosi ma affiancandosi ai lavori di sociologi, esperti di politiche e criminologi, renderebbe completo ed efficace l'approccio complessivo al tema che altrimenti rischia di permanere immancabilmente etereo ed accademico. Chissà che il prefetto Giulio Cazzella, entusiasta e competente direttore della Scuola Superiore di Perfezionamento del Ministero dell'Interno non ci faccia un pensierino.