martedì, maggio 14, 2019

L'illegalità giusta non è concetto democratico.

Perfettamente comprensibile che alcune leggi non ci piacciano. Molte di esse ci appaiono stupide, ingiuste, inique e forse lo sono oggettivamente. Ma questa è la situazione topica in cui si comprende se riteniamo o meno di vivere in una democrazia. Lo ha insegnato Socrate molti anni fa: le leggi, in democrazia, si rispettano sempre, persino quelle che ingiustamente ti condannano a morte e, grazie al cielo, questa ipotesi oggi non è contemplata.
In democrazia abbiamo il dovere di rispettare le leggi che non ci piacciono per il semplice motivo che abbiamo gli strumenti per cambiare queste leggi, mediante l'impegno politico e il voto elettorale, e se, nonostante ciò, non ci riusciamo (perchè la maggior parte dei nostri concittadini la pensano in modo differente da noi) abbiamo il dovere di ipotizzare che la maggioranza abbia ragione e noi torto. La democrazia è sempre "laica", nel senso che il "giusto" e il "buono" non derivano da volontà superiori ed eterne che noi, e stranamente non altri, abbiamo la capacità di intendere, bensì derivano dal presunto buon senso della maggioranza, che, fortunatamente, a differenza della prima fonte, può sempre modificarsi nel tempo.
Per questo motivo non posso condividere l'operato di quel Cardinale che, offeso da una normativa che costringeva al disagio del buio tante povere persone, ha riattivato di sua mano i contatori della luce e così facendo ha ripristinato la "sua" legalità, violando così  tuttavia la legalità dello stato democratico. Una violazione peraltro che - data la sua condizione di alto prelato vaticano - non gli comporterà alcuna sanzione. Non mancavano a Sua Eminenza gli strumenti e l'opportunità per difendere quelle persone con interventi pubblici o con pressioni sulle Autorità civili, non mancavano neppure gli strumenti finanziari, essendo egli l'elemosiniere di una delle organizzazioni più ricche del pianeta, non mancavano neppure gli strumenti materiali se è vero, come è vero, che il patrimonio immobiliare (vuoto) del Vaticano a Roma è immenso. Ha scelto la via più facile e le vie facili - un buon cristiano dovrebbe saperlo - non sono mai le migliori.
Sia chiaro, non è in gioco la pietà umana verso quelle persone. E' normale che un sacerdote la provi e che desideri porvi rimedio fino al grave sacrificio. Sacrificio che però deve essere proprio, perchè temo che il buon Dio non accetti un sacrificio fatto a spese altrui (in specie a spese dell'Acea che deve ricevere 300mila euro che nessuno ha intenzione di restituirgli).

sabato, maggio 11, 2019

Lettera aperta all'ex ministro Poletti

L'ex ministro del Lavoro Giuliano Poletti, se mai leggesse questa lettera aperta, si potrebbe domandare perchè mai io mi rivolga proprio a lui che non ha oggi - ma che non aveva neppure prima, quando era ministro - alcuna competenza nella vicenda che voglio raccontare. Diciamo che lo chiamo a testimoniare (testimonianza morale, si intende, quella che non richiede giuramenti o fastidi) essendo stato lui presente a quella che io reputo, se non una gravissima ingiustizia, certamente un triste segnale dalle nostre Istituzioni.
Un pomeriggio di qualche anno fa, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di Via Veneto a Roma fu fatto oggetto di un tentativo di "invasione" (dimostratasi successivamente pacifica) da parte di un gruppo di dimostranti che protestavano contro le politiche del governo. Una cinquantina di questi, approfittando di un guasto al sistema di videosorveglianza, penetrarono gridando nel Palazzo col probabile intento di salire al piano del Ministro. Furono fermati da una pattuglietta di agenti della sicurezza capeggiati da un anziano dirigente. Non ci fu violenza ma, nel muro contro muro, nella pressione reciproca accadde che questo dirigente, colto da malore per una cardiopatia da innalzamento pressorio, cadde in terra svenuto. Fu soccorso dagli stessi manifestanti (tra cui vi erano evidentemente dei medici) e trasportato in ambulanza in ospedale. La questione perse così il suo carattere di "conflitto sociale" per risolversi in una sorta di gara di solidarietà, con decine di manifestanti, unitamente ai poliziotti che erano intervenuti per osteggiarli, che scortarono la barella del funzionario sin dentro l'ambulanza e lo consolavano, consolandosi a vicenda.Il dirigente infortunato non denunciò mai nessuno e l'organizzazione dei manifestati, come peraltro il ministro, non mancò di informarsi sul suo stato di salute.
Una bella Italia, caro Poletti, di quelle che, in certi momenti, sa ritrovarsi e mettere da parte odi, conflitti, antipatie. Si può litigare, ma quando qualcuno cade, ci si ferma e si soccorre e si rimandano a dopo i conflitti. Una bella Italia, dicevo, ma non per la sua burocrazia.
Il padre di quel dirigente infortunato era morto (a 88 anni) per problemi cardiaci e lo stesso dirigente era in sovrappeso. Per questi motivi, la Commissione di Valutazione che siede presso il MEF ha deciso che a lui non spetti alcun indennizzo, che il malore subito lo avrebbe forse avuto lo stesso e che non conta nulla che esso lo abbia colto mentre faceva il suo dovere. Quell'onore e quel rispetto che gli erano stati attribuiti e riconosciuti da coloro che si potevano come suoi antagonisti, non gli sono stati concessi dalle istituzioni che lui difendeva. Forse di questa "bella Italia" queste istituzioni non sanno o non vogliono far parte. Peccato, caro Poletti, ma noi continuiamo ancora a credere in questo Paese. Mi stia bene...