venerdì, luglio 15, 2016

Quello che insegna la strage di Nizza.

Molte saranno le "chiavi di lettura" che politici, giornalisti, sociologi ed intellettuali vari attribuiranno alla strage di Nizza, ove hanno perso la vita poco meno di un centinaio di innocenti. Da un punto di vista "tecnico" l'unica considerazione che mi sembra molto evidente è la seguente: il terrorismo islamista si sta rivolgendo ormai ad obiettivi "facili", di grande effetto ma di nessuna difficoltà operativa, utilizzando mezzi di morte di semplicissimo reperimento e scenari insospettabili. Da questo si evince in futura la difficoltà di predisporre sistemi di prevenzione oggettiva (che si basano, cioè, sul rafforzamento della sicurezza dei luoghi ove si presume possa verificarsi un attacco) e la necessità di immaginare nuovi e perfezionati sistemi di prevenzione soggettiva (cioè basati o sulla difesa di specifiche categorie di persone o, più propriamente in questi casi, su misure che intendano rendere inoffensive categorie di persone ritenute potenzialmente pericolose). Ciò che sarebbe utile fare è lapalissiano sul piano tecnico ma deve scontare alcune difficoltà giuridiche che guardano con sospetto limitazioni delle libertà di qualcuno prima che sia stata dimostrata la commissione di un reato o l'approntamento di atti idonei diretti a compierlo. Ma una riedizione ammodernata delle vecchie "misure di prevenzione" mi sembra assolutamente necessaria, a fronte del sempre più ampio diffondersi dell'ideologia islamista radicale. I soggetti che per comportamenti, dichiarazioni, frequentazioni, attività su internet, ecc. diano motivo di ritenere possano potenzialmente contribuire al compimento di atti terroristici dovrebbero essere assoggettati a misure che li rendano meno pericolosi: divieto o obbligo di soggiorno in un dato comune, divieto di frequentazione di particolari "centri culturali", obbligo di firma, sospensione della patente e quant'altro fosse necessario ad ostacolare una possibile attività terroristica. Mi rendo conto che non sarà facile ma bisogna pensarci prima che diventi impossibile evitarlo.

martedì, luglio 12, 2016

Intolleranza agli immigrati: cerchiamo un approccio pragmatico.

Le proteste popolari verificatesi a Isola Sacra di Fiumicino alla notizia dell'arrivo in quella località di una cinquantina di migranti da accogliere, ha determinato, sulla stampa e nei programmi televisivi, commenti di varia natura, tutti tuttavia riconducibili a tematiche di carattere morale, ideologico o filosofico. Noi italiani siamo bravissimi nella retorica delle teorizzazioni ma quando si tratta di cogliere qualche profilo di sano pragmatismo dimostriamo tutte le nostre ataviche carenze e incapacità.
L'approccio pragmatico al tema mi pare elementare. L'insediamento di un contingente di immigrati (o, analogamente, quello di un campo Rom) determina nei cittadini un pregiudizio economico. Non mi interessa conoscere se esso sia giusto o ingiusto, opportuno o non opportuno, equo o non equo. Queste sono valutazioni che spettano alle istituzioni, secondo propri giudizi politici. Se queste valutazioni sono corrette, saranno le prossime elezioni a dircelo. Su questo non metto lingua. Ma non c'è dubbio che se un cittadino è il proprietario di un immobile che vale, facciamo un esempio, centomila euro, successivamente all'insediamento nelle sue vicinanze di un centro di accoglienza o di un campo Rom ne varrà al massimo sessantamila. I cittadini che, volenti o nolenti, accolgono queste realtà, subiscono un evidente danno economico.
Se vogliamo evitare le proteste non esiste altra strada pratica che quella delle compensazioni. Ad esempio, si potrebbe stabilire che chiunque risieda in un raggio di cinque chilometri da un campo Rom o da un centro di accoglienza per immigrati paghi solo il 50% di luce, gas e nettezza urbana. Questo determinerebbe che gli immobili colà ubicati diverrebbero più appetibili commercialmente, riducendo il pregiudizio economico e rendendo meno ostile la popolazione.