giovedì, ottobre 22, 2009

Forse lo "scandalo" dei braccialetti inutilizzati non è poi così scandaloso.


"Bracialetti costosi, anzi costosissimi, più che se fossero fatti di oro diamanti e pietre preziose. Si tratta dei bracialetti elettronici nati come sistema alternativo alla detenzione (...) uno spreco da 110 milioni di euro per la realizzazione di un sistema che però non viene applicato dai magistrati. Il dott. Donato Capece, segretario generale del sindacato di Polizia penitenziaria, ha spiegato che di questi bracciali ne sono stati realizzati 400, ma che allo stato attuale solo 1 è impiegato a Milano e gli altri 399, chiusi in un caveau del Ministero dell'Interno.
Il braciale doveva servire a controllare i dentenuti agli arresti domiciliari limitando così il sovraffolamento delle carceri. Prima ancora della loro sperimentazione, durante il governo Amato, nel 2001, era stato siglato un accordo tra l'allora ministro dell'interno, Enzo Bianco, e l'ex Guardasigilli, Piero Fassino, con Telecom. Il contratto della durata di 10 anni prevedeva l'impiego dei bracialletti per 11 milioni di euro l'anno, che da allora i contribuenti versano alla Telecom, pur non venedo usati."

Sin qui la denuncia di Striscia la Notizia che ha fatto indignare molti videoascoltatori. Come dar loro torto? Sembrerebbe un caso lapalissiano di malgestione della cosa pubblica e uno spreco gravissimo da addebitare al Ministero dell'Interno. Ma probabilmente la questione è più complicata. Il Ministero dell?interno non ha alcun interesse a non utilizzare i braccialetti già acquistati e non sembrerebbe affatto vero che essi non funzionano, tanto che sono regolarmente utilizzati in Francia e in altri paesi nel mondo. Allora? Semplicemente il sistema del braccialetto, pur segnalando tempestivamente un eventuale allontanamento, non è, come ovvio, idoneo ad impedire l'evasione del detenuto. I magistrati non si fidano, sono preoccupati dei possibili esiti di una estensione del sistema dopo che, così si vocifera, un detenuto si sia dato alla fuga. Ma i braccialetti sono utili se adoperati nella consapevolezza dei loro limiti, su soggetti mirati. Basterebbe un po' di coraggio.

martedì, ottobre 20, 2009

Enrico Tedesco, direttore scuola regionale di polizia locale.


Enrico Tedesco è il nuovo direttore della Scuola Regionale di Polizia Locale di Benevento, l'unica scuola, a mia conoscenza, in Italia che curi l'alta formazione per le polizie municipali. Riferisco la notizia con particolare piacere perchè conosco Enrico da molti anni e sono ben consapevole della sua competenza ed esperienza in materia di sicurezza urbana e partecipata. Ma la mia soddisfazione nasce tuttavia anche da una segreta speranza (dettata dal nostro comune lavoro per utilizzare al meglio le risorse comunitarie e nazionali) la speranza che alcuni temi che timidamente cominciavamo a coltivare nell'ambito del Programma Operativo "Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno" possano finalmente trovare adeguata riflessione scientifica e un rilievo di maggiore respiro. Mi riferisco, a solo titolo esemplificativo, al concetto di Valutazione di impatto della Sicurezza e Legalità (VISL) teso a fornire ai decisori di politiche generali o locali di sicurezza elementi cognitivi certi e misurabili sulla necessità degli interventi e sulla loro tipologia o a quello, sbandierato solo astrattamente, della formazione integrata delle forze di polizia nazionale o locale che sia idonea alla determinazione di professionalità omogenee ma, ancor più, alla costituzione di una comune sensibilità nell'affrontare le varie forme di devianza. Spero, in buona sostanza, che la Scuola organizzi anche qualche corso sperimentale e che guardi con convinzione più al futuro da costruire che al presente da subire.

sabato, ottobre 17, 2009

Nuovo incarico per il prefetto Giuseppe Maddalena


Il Prefetto Giuseppe Maddalena è il nuovo Direttore Centrale per gli Istituti di Istruzione della Polizia di Stato. Un incarico di prestigio per un funzionario dello Stato che ha avuto una lunga esperienza anche nell'ambito delle politiche di sicurezza per lo sviluppo. Già direttore della Segreteria del Programma Operativo "Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d'Italia" ha mantenuto successivamente stretti rapporti consulenziali, specialmente nel settore delle tecnologie per la sicurezza. Ricordo, al riguardo, un suo illuminante intervento, al Forum della Pubblica Aministrazione. Complimenti anche da questo blog per la nuova responsabilità e buon lavoro, signor prefetto!

venerdì, ottobre 16, 2009

E' gravissimo agire come se la polizia municipale fosse uguale ovunque.



Il Ministero dell'Interno ha annunciato la prossima emanazione della legge di riforma della polizia locale che dovrebbe introdurre molte novità da anni richieste con insistenza dai sindaci, sopratutto del centronord. La nuova normativa conterrà certamente disposizioni utili al miglioramento dell'efficienza degli enti locali e al loro coinvolgimento nel sistema generale di protezione del territorio da fenomeni di illegalità. Ma introdurrà - se le notizie di stampa sono veritiere - anche un elemento di distonia del cennato sistema, attribuendo alle polizie municipali una nuova potestà gravida di conseguenze forse incalcolabili.
Devo premette l'ovvia considerazione che le situazioni e i contesti sociali si presentano estremamente differenziati nel nostro Paese e ciò che può sembrare innocuo o persino utile ad Aosta o a Trento, diventa esiziale se consentito in province a forte presenza mafiosa Prevedere, come sembra fare la nuova disciplina, la possibilità da parte dei vigili urbani di accedere direttamente alle banche dati del Ministero dell'Interno, così come a quelle del Pra e delle varie Camere di Commercio, significa fornire una grande opportunità alla criminalità organizzata, in quegli ambienti a forte infiltrazione criminale che non sembrano in grado certamente di selezionare personale di polizia municipale in linea con responsabilità di questo tenore.
Di cosa parliamo infatti quando ci riferiamo alle banche dati del Ministero dell'Interno? Parliamo sopratutto dello SDI (Sistema di indagine) dove sono contenute innumerevoli informazioni "delicate" di centinaia di migliaia di cittadini, pregiudicati ma anche solo carichi pendenti, documenti smarriti ma anche tracce dell'identità coperta di collaboratori e testimoni di giustizia. Notizie di tale delicatezza che non sono neppure messe a disposizioni di tutti i poliziotti e carabinieri ma la cui disponibilità è riservata a livelli selezionati ed accreditati. Non voglio neppure pensare poi all'ipotesi che tra le "banche dati del Ministero dell'Interno" si voglia considerare altresì l'istituenda banca dati del DNA che conterrà la possibilità di conoscere ogni dettaglio biogenetico di innumerevoli cittadini. Vogliamo mettere in mano queste informazioni ai vigili urbani? a tutti i vigili urbani, in ogni zona d'Italia, anche quelli assunti da amministrazioni sciolte per infiltrazioni mafiose? Se questa è la volontà politica, lo si faccia. Ma è una responsabilità non piccola quella che ci assumiamo.

mercoledì, ottobre 14, 2009

Ma le ronde non sono il demonio.



L'istituzione delle cosiddette "ronde" non è stata vista di buon occhio dalle forze di polizia. I motivi di questa ostilità sono, a mio parere, almeno tre:
1. finanziario. Polizia e Carabinieri vivono un periodo di forti ristrettezze (come peraltro tutto il pubblico impiego) subendo ripercussioni sia sul piano dei mezzi a disposizione, sempre più vetusti, sia del personale, che scarseggia per assenza di turn over. Le ronde possono apparire come una sorta di mediatica scorciatoia per far ritenere, a costi contenutissimi, che si possa fare qualcosa per la sicurezza pubblica senza aumentare le risorse finanziarie di chi se ne occupa professionalmente.
2 operativo. Le "ronde" dovrebbero avere solo compiti di osservazione ed allertamento. Difficile però che nella pratica sia sempre così. La "tensione morale" ad intervenire, sopratutto di pronte a situazione che agli occhi del profano possano apparire erroneamente poco pericolose, è sicuramente forte. Polizia e Carabinieri temono di essere costretti a sprecare risorse nel proteggere questi "dilettantiu" dalle situazioni difficili in cui, per inesperienza o eccesso di zelo, potrebbero cacciarsi.
3 d'immagine. Le ronde - magari ingiustamente - evocano un concetto di sicurezza "fai da te" che appare incompatibile con un moderno stato democratico, La loro istituzione potrebbe inoltre essere intesa dall'opinione pubblica come una censura sull'operato delle ordinarie forze di polizia. Censura che, per il loro enorme impegno, polizia e carabinieri non credono di meritare.
Questa nuova figura di volontari per la sicurezza è stata ormai istituita e, giuste o meno le perplessità richiamate, l'interesse del Paese è certamente quello di darle comunque un utilizzo positivo, legittimo ed efficace. Io credo che questo obiettivo potrbbe essere raggiunto con poche ma essenziali innovazioni alla attuale, per certi versi frettolosa normativa. Le innovazioni, ritengo, potrebbero essere introdotto anche a livello regolamentare o persino di decreto ministeriale.
a. In primo luogo, in ogni ronda dovrebbe essere presente almeno un rappresentante delle forze di polizia a riposo. Un soggetto cioè che conosca perfettamente i limiti imposti all'intervento del privato cittadino, che impedusca agli altri di cacciarsi nei guai, che sappia riferire con professionalità ed esattezza gli elementi essenziali del fatto o delle persone che eventualmente segnala o denuncia, che rappresenti un soggettivo elemento di congiunzione anche simbolica tra questo neoistituto e la sicurezza pubblica statuale.
b. in secondo luogo, per svolgere la suddetta attività bisognerebbe aver frequentato un corso gratuito presso una scuola di una forza di polizia. Si potrebbe anche ipotizzare che tale corso possa costituire titolo per un eventuale pubblico concorso in polizia o presso i carabinieri.
c. l'istituzione di gruppi di privati che cooperano nel controllo del territorio dovrebbe essere concordata, caso per caso, con i singoli comuni nel quadro di specifici patti per la sicurezza che prevedano anche interventi, ad esempio infrastrutturali, a beneficio delle forze di polizia locali e nazionali, in modo da contestualizzare le ronde in una strategia complessiva di contrasto al crimine e non suscitare illusorie attese in un'opinione pubblica tanto sensibile al tema.

Le ronde non sono una soluzione. E non sono prive di rischi. Ma non utilizzarle, ora che esistono, sarebbe comunque uno spreco. E l'Italia di oggi non può permettersi sprechi.

martedì, ottobre 13, 2009

E' in arrivo la Banca Dati del DNA per combattere il crimine.

La nuova banca dati del DNA, la cui istituzione è prevista per i prossimi mesi, rappresenta un innovativo e formidabile strumento di indagine che consentirà, ad esempio, di identificare con certezza i cadaveri rinvenuti e risolvere casi di omicidio sinora rimasti insoluti. Anche in questa coccasione, more solito, è stato necessario un trattato internazionale (quello di Prum) successivamente esteso a tutti i ventisette paesi dell'Inione Europea, per imporre all'Italia l'adozione di un importantissimo strumento per contrastare la criminalità.
I possibili utilizzi della Banca Dati sono innumerevoli e aprono prospettive estremamente interessanti; tuttavia non dobbiamo dimenticare che siamo ormai decisamente penetrati all'interno della sfera privata delle persone e bisognerà pertanto procedere con tutta la dovuta cautela. Non ha sbagliato perciò il legislatore a prevedere che soggetto necessario dei regolamenti attuativi della legge istitutiva debba essere il garante per la protezione dei dati personali che dovrà vigilare sulla corretta acquisizione dei profili genetici e sulla loro riservata conservazione, onde evitare che la banca dati in argomento possa diventare fonte sgradita di informazioni non necessarie alla polizia giudiziaria ma utili per un possibili deviato controllo sociale.
Alt5ro effetto non secondario dell'innovazione sarà il profondo cambiamento nelle esigenze di tipologia di risorse umane da parte delle Forze di Polizia. Non siamo in grado di sapere come Polizia di Stato e Carabinieri (oltre ovviamente alla Polizia Penitenziaria per i soggetti già detenuti) si organizzeranno per rilevare i campioni genetici da persone e luoghi ma certamente saranno necessari non pochi tecnici biologi ed esperti sanitari. Una polizia, pertanto, sempre più "scientifica" e sempre meno somigliante all'investigatore "tutto inuizione ed esperienza" dei romanzi e dei telefilm.