venerdì, aprile 21, 2017

Le grida manzoniane sono sempre attuali.

Ho letto con viva partecipazione l'articolo de "La Repubblica" del 13 aprile a firma Vladimiro Polchi sulla "stretta del governo" contro il degrado urbano e per il conferimento di nuovi poteri ai sindaci. Devo dire che sento parlare di provvedimenti di questo tipo dalla fine degli anni 80 del secolo scorso, quando la Regione Emilia-Romagna, sempre all'avanguardia nell'analisi della sicurezza urbana, organizzava ogni anno un interessante convegno su "Città sicure".
Gli anni sono passati, i problemi si sono moltiplicati ed aggravati ma le risposte rimangono grosso modo sempre le stesse, banali, pretenziose ed inefficaci. Il ministro Minniti, politico pieno di buona volontà, probabilmente non lo sa o non ricorda ma qualche suo collaboratore potrebbe anche fare lo sforzo di fargli leggere la copiosissima letteratura al riguardo (ad esempio, l'antologia sulla sicurezza urbana di Rossella Selmini, edita da il Mulino nel 2004) che certamente gli regalerebbe una sgradita sensazione di "già sentito".
Ad ogni modo, l'articolo è sintetico e compendioso e vi suggerisco di leggerlo con curiosità ma senza confidare troppo sul suo contenuto. Io, come al solito, mi limito a commentare un dettaglio, che, tra i molti, mi ha fatto sorridere. Scrive il bravo Polchi  "multe da mille a 3.500 euro per i parcheggiatori abusivi."  Il lettore meno avveduto potrebbe pensare che le multe, prima del provvedimento in questione, non esistessero o fossero troppo basse. Nulla di tutto ciò. Esistevano, anche se meno esose, ma avevano (e continueranno ad avere) un grave problema: non vengono pagate.
Qualcuno dovrebbe spiegare ai nostri governanti che i parcheggiatori abusivi non sono piccoli borghesi con la casa di proprietà e la pensione, sono invece, nella quasi totalità, dei nullatenenti spesso abitanti in case occupate, a cui certamente non è possibile inviare un decreto ingiuntivo o ipotecare qualcosa. In altre parole, la multa può arrivare anche a centomila euro, loro se ne infischiano. Questo provvedimento non toglierà dalla strada neppure un parcheggiatore abusivo, si tratta infatti di una grida manzoniana, un decreto emanato giusto per dimostrare che si fa quanto possibile per arginare il fenomeno. "Fare quanto è possibile" è sempre fare poco, ma che almeno non sia non fare nulla.

mercoledì, aprile 05, 2017

A cosa (non) serve la giustizia penale.

Su "Il Messaggero" di oggi 5 aprile, Antonello Soro, Presidente dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, esprime alcune preoccupate riflessioni su taluni profili della gestione della giustizia in Italia. Non commenterò l'articolo perché complesso e soprattutto perché è meritevole di una lettura diretta da parte dei due lettori di questo blog. Mi limiterò ad enucleare una frase e a commentarla brevemente "Il populismo penale (..) identifica nella giustizia penale la principale, anzi l'unica forma possibile di giustizia sociale".

Una delle regole che mi furono insegnate fin da giovane è che gli atti giuridici hanno una loro ragione e che utilizzare un atto, previsto dall'ordinamento per uno scopo, per un motivo diverso, rende illegittimo l'atto stesso. In altre parole, se ho un dipendente colpevolmente negligente, non lo posso trasferire; ciò perché l'istituto del trasferimento è finalizzato ad altri scopi (la migliore razionalizzazione del personale) e non è previsto per motivi disciplinari. Per quelli, ci sono altri strumenti.

Orbene, a cosa serve la giustizia penale? Serve a sanzionare le persone che hanno commesso illeciti penali, ristorare (per quanto possibile) le vittime di questi illeciti e dare effettività alle norme di civile convivenza. Se un Paese utilizzasse la propria giustizia penale per altri scopi, magari condivisibili, si porrebbe fuori dalla civiltà giuridica occidentale, così come ci è stata consegnata dall'illuminismo. Ammettiamo che tutti noi pensassimo che i problemi del Paese nascano dall'arroganza e avidità di dieci plurimiliardari che conducono una vita da nababbi mentre i pensionati sociali soffrono la fame, non potremmo per questo motivo condannarli per confiscare i loro beni e distribuirli ai poveri. La giustizia penale non è stata creata per quello; quella è la missione della politica fiscale. Credo che per questa ipotesi pochi siano in disaccordo con me. Ma ciò nonostante, quando ne sussiste l'occasione, siamo tutti solerti a piegare la giustizia penale ai nostri scopi moralistici o propagandistici. Ci piace che i giudici colpiscano i nostri avversari politici oppure coloro che conducono una vita che noi disapproviamo oppure chi riteniamo che non paghi le tasse a sufficienza o per altri mille motivi ci sia ostile o antipatico. Si tratta di uno sbaglio gravissimo. Ogni volta che la Giustizia non fa solo la giustizia, ma si assume altri compiti, diventa ingiustizia. Concetto semplice, banale ma assolutamente necessario per non cadere nella barbarie.

martedì, aprile 04, 2017

Ancora sulla legittima difesa



Sui giornali di oggi campeggia il tema della modifica dell'istituto della legittima difesa, reso attuale e sensibile dal moltiplicarsi di atti di violenza molto gravi a seguito di furti e rapine. Il tema è reale e va affrontato con serietà, senza pregiudizi ideologici. La mia impressione è tuttavia che, ancora una volta, si vada in cerca della modifica legislativa quando una giurisprudenza più accorta e saggia potrebbe raggiungere più celermente e con maggiore efficacia la soluzione del problema.
Leggiamo insieme il primo comma dell'art 52 del codice penale. "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionale all'offesa". E' evidente che il profilo più controverso di questo testo si cela nell'ultima parte: quando la difesa è proporzionale all'offesa?
Per rispondere a questa domanda alcuni focalizzano "il mezzo" di offesa. Se l'aggressore è armato di un bastone, non puoi sparargli in fronte con una pistola. Sembra logico ma vedremo che le cose sono più complesse.
Altri invece si concentrano sul "bene ingiustamente minacciato". Se un ladro ti vuol portare via il vaso che ti ha regalato tua suocera, non puoi tu ucciderlo per impedirglielo. Se questa posizione fosse sposata alla lettera, tu potresti uccidere (per difenderti) solo colui che ritieni voglia e possa ucciderti. Anche questa teoria sembra ragionevole ma presenta i problemi che vedremo.
Sulla base di questi presupposti, i magistrati quasi sempre condannato l'aggredito uccisore, non riconoscendo applicabile l'art. 52, quanto meno per "eccesso colposo". Può persino verificarsi (e si è verificato) che l'aggredito, oltre alla condanna, debba anche ripagare esosi risarcimenti ai parenti del malvivente che si era introdotto nella sua abitazione.
Sarebbe invece indispensabile che i giudici valutassero la proporzionalità dell'azione difensiva rispetto a quella offensiva, giudicando "nel concreto" la situazione. Un muscoloso ventenne che penetra (disarmato) all'interno di un appartamento abitato da una coppia di anziani, non si trova assolutamente "alla pari" con costoro, se anch'essi disarmati. E' di tutta evidenza che il giovane potrebbe ucciderli entrambi a pugni, mentre i secondi nulla potrebbero fare per difendersi (se disarmati). Sarebbe esattamente l'opposto se uno zingarello di otto anni cercasse di derubare il campione italiano di pugilato per i pesi massimi. Per ciò, ogni qualvolta l'aggredito è un anziano, un malato, una donna e l'aggressore è un uomo di sana e robusta costituzione esiste una grave disparità di partenza che deve consentire all'aggredito più debole di difendersi con qualsiasi mezzo a sua disposizione. Per quanto concerne poi la teoria del "bene tutelato", solo nella eventualità che il ladro si sia fatto precedere da un telegramma ove dichiara "intendo solo rubare e non fare del male a nessuno" essa mi appare applicabile. In realtà, l'aggredito non conosce affatto quali siano le intenzioni dell'aggressore e, anche ammesso che immagini che il fine ultimo sia il rubare, non può sapere cosa quel soggetto sia disposto a fare per raggiungere il suo obiettivo criminale.
Basterebbe interpretare il codice attuale con più saggezza. Buon senso. Sono costretto a chiudere anche questo post denunciando la sua assenza. E dire che ne basterebbe così poco.